MATKA VRELO (Macedonia) - Agosto 2009
E’ arrivato Agosto, è arrivato
il momento di partire per vedere, esplorare nuove grotte, nuove profondità. Fin
ad ora, quest’anno, riferendomi alle mie aspettative, non sono molto soddisfatto
del bottino raccolto, anche se un po’ di questa mancanza, la devo attribuire a
quella odiosa infiammazione alle vertebre cervicali che mi ha obbligato a letto,
stinco come un‘alborella fritta, per più di un mese, con un recupero lento e
doloroso durato un altro mese e mezzo. Tutta colpa di un’involontaria scivolata
su un masso ricoperto di muschio, all’ingresso di Rio Torretta. Forse è meno
pericoloso stare in acqua?
Non tutto il male vien per
nuocere, perché una volta ripresomi, poco fiducioso delle mie possibilità di
affrontare nuove immediate esplorazioni, ho rimediato alla grande, travasando le
mie conoscenze ed esperienze, e mi sono impegnato in corsi subacquei che, in
sintesi, oltre alla soddisfazione propria dell’insegnamento, mi hanno dato la
preziosa possibilità di conoscere varie persone sempre interessanti.
Ora, anche se non esattamente in
forma e senza il dovuto allenamento propedeutico, ribollisco troppo per
l’impazienza, per la voglia di darmi da fare, di ficcarmi in una sorgente
adulatrice.
1 agosto
Un giorno ottimo per partire in direzione sud e percorrere i Balcani che sono
l’arteria stradale principale dal nord, a paesi come Serbia, una parte di
Romania, Bulgaria, Macedonia, Grecia e Turchia.
I problemi iniziano subito dal mattino, perché il Pifferaio è in ritardo,
bloccato in coda in autostrada; per occupare il tempo dell’attesa, andiamo a
Postumia, dove Nadia e Mosè, unitisi a me al confine sloveno, visitano le grotte
mentre io e Petra, il loro affettuoso rottweiler, ci teniamo compagnia
all’esterno. Alle 11.00 quando spunta l’atteso Pifferaio, ci avviamo ormai
circondati da un traffico consistente. Entriamo in Croazia dopo un’attesa di
mezz’ora, ma questo è solo un assaggio di ciò che ci aspetterà perché,
avvicinandoci a Zagabria, il traffico aumenta e rimaniamo in coda per un’ora,
prima di superare il raccordo autostradale che porta i turisti in zona mare.
Durante il percorso d’avvicinamento alla meta, dovremmo incontrare anche i due
amici belgi, ma vengo a sapere che anche loro sono in ritardo mostruoso, per
lavori in corso sulle autostrade teutoniche. Pizza abbondante che ci riconcilia
gli spiriti, e buona azione segnalando un marsupio dimenticato sul tetto, ad una
coppia seduta nella macchina di fianco alla mia: l’opera buona giornaliera è
fatta.
Continuiamo il viaggio sperando di recuperare i belgi al più presto, con
l’autostrada che scorre veloce senza intoppi. Il sogno dura quanto un sogno e la
realtà ci aspetta al confine con la Serbia: 5km di coda su tre corsie e minuti
d’immobilità assoluta sotto la calura estiva. Lo spettacolo del gorillaio estivo
è iniziato: camion che incuranti delle regole superano nella corsia d’emergenza
a velocità sostenuta ed un’arroganza incredibile manifestata dal suono dei
clacson; non mancano gli irritanti furbi e non mancano discussioni animate che
finiscono con l’uso delle mani; credo di non aver mai assistito a nulla di
simile in nessuno dei miei viaggi.
Le auto di quest’interminabile fila, che provengono per la maggior parte da
alcuni paesi tra i più importanti in Europa come Germania, Olanda, Belgio,
Italia, Francia, Svizzera, appartengono probabilmente ad emigrati che,
rientrando nei paesi d’origine, con un comportamento così irrispettoso arrogante
e provocatorio, recuperano la rabbia repressa dell’esilio.
Il bisogno aguzza l’ingegno ed estenuato dalla sinfonia della lumaca, non
andante e senza moto, dopo una sosta di oltre un’ora, passo per emulazione,
nella corsia d’emergenza. Sulla carta stradale è segnalata una dogana minore a
poca distanza dall’autostrada cosicché, dopo aver scambiato informazioni di puro
intuito, nemmeno una parola comprensibile in comune, la raggiungo fuori
dall’autostrada e la oltrepasso in poco più di un’ora. Dopo cena a Sid, viaggio
tutta la notte fino ad arrivare a pochi chilometri dal confine con la Macedonia,
mentre gli altri si fermano per dormire.
2 agosto
Questo sarà l’ultimo giorno di viaggio ma piuttosto che sorbirmi di nuovo una
coda di 3km al confine macedone, avendo tempo a disposizione, preferisco
transitare per il Cossovo ed usare la strada per riempirmi gli occhi di buoni
paesaggi fatti di gradevoli colline che attraverso dolcemente fino all’ultimo
confine. 50 euro per l’assicurazione dell’auto, necessaria per entrare nel paese
da questa parte, ma lo splendore della natura, ne giustifica il prezzo. Nota
negativa è l’incrocio con due Hummer delle forze dell’ONU battenti bandiera
tedesca, che evidenziano la loro arroganza, non curandosi del rispetto della
regole fondamentali di condotta sulle strade ed avanzando quasi minacciosi verso
la mia macchina.
In Macedonia, quando arrivo a Skopje la capitale, metafisicamente deserta perché
oggi è festa nazionale ed è tutto chiuso, m’incontro con Vasco che, con cortese
ospitalità, m’introduce alla conoscenza della parte più antica vecchia della
città mentre aspettiamo di ricongiungerci con Mosè, Nadia ed il Pifferaio e
consolidare l’unione con una salutare bevuta.Verso le 18.00, arrivati anche i
belgi, Asterix, e Roger, ci lasciamo alle spalle la città verso il canyon
selvaggio di Matka dove ci sistemeremo.
3 agosto
Primo giorno di lavoro a contatto con la sorgente.
Alla luce del mattino, osservo intorno: i boschi di latifoglie ricoprono quasi
totalmente la superficie delle montagne scoscese che, lasciando scoperto a
tratti il calcare biancastro, evidenziano il contrasto rude della rugosità delle
rocce, il succulento verde del fogliame, con la dolcezza delle curve dell’acqua
che s’insinua come un fiordo fra di loro. Per raggiungere la sorgente, il solo
mezzo possibile è la barca, che carichiamo con i materiali e per venti minuti il
rumore del suo motore accompagna i nostri pensieri sospesi nell’attesa. Una
fessura triangolare dai cateti rocciosi e la base d’acqua è la promessa della
nostra esplorazione. Durante l’inverno, gli speleosub macedoni Kiro e Vasco,
hanno lavorato duramente per liberarla dai massi, gettati qualche anno prima
durante i lavori per la costruzione di una strada sul massiccio sovrastante e
che l’avevano parzialmente ostruita. Per agevolare l’ingresso in acqua degli
speleosub, hanno costruito una piattaforma di 12m x 6m, sulla quale poter
sostare, deporre le attrezzature e cambiarsi senza troppi problemi all’ombra
delle piante.
Per oggi, guarderò quell’antro vuoto dall’esterno e non entrerò nella dimora del
Dio della grotta. Asterix ed il Pifferaio avranno il piacere di varcarne la
soglia, percorrendo gli ambienti gia topografati dall’èquipe franco-belga.
Verificheranno la consistenza del filo fino a 40m di profondità e prepareranno
la catena di sicurezza per l’esplorazione, lasciando una bombola da 20 lt. di
nitrox 30% per emergenza a -40m e bombole da 15L e da 7L di nitrox 50% di O2 e
30% di He a –21m.
Quando Asterix ed il Pifferaio sono di ritorno sulla piattaforma con noi, che
abbiamo preparato le attrezzature per il giorno dopo, è presente un inviato una
televisione nazionale per intervistarci: ci sono curiosità riguardo a ciò che
combineremo. Chissà, se saremo in grado soddisfare le loro aspettative.
Quest’esplorazione era attesa ed Asterix si congratula con gli amici macedoni
per l’importante lavoro di disostruzione che hanno effettuato per noi: diversi
metri cubi di materiale sono stati spostati dall’ingresso per agevolare il
nostro passaggio il che significa, non solo passare comodamente, ma anche non
dover lottare troppo con la violenta corrente che si crea all’ingresso (effetto
Venturi).
Le ombre della sera, stimolano un conosciuto languorino e i profumi di cucina ci
fanno approdare ad un ristorante sul lago insieme a gruppi di visitatori dei
panorami del luogo, delle grotte turistiche, sportivi che fanno escursioni o si
arrampicano sulle pareti verticali.
4 agosto
Il programma odierno è doppio: essendo necessario attrezzare adeguatamente il
percorso, usiamo i tempi di preparazione anche per riprendere l’ambiente
subacqueo, con tutta la tranquillità necessaria. Come ogni volta, maschero
perfettamente la trepidazione di entrare in quello che sento il mio ambiente
naturale, dimora invece di un dio amico, che non si arrabbierà se veleggerò fra
le sue camere e lungo i corridoi. Con me scende Mosè, che approfitta della
limpidezza dell’acqua per iniziare le riprese subacquee: la sua videocamera è
equipaggiata con 600w di luce. Io trasporto una bombola da 20 lt. al 20% di O2 e
70% di He, lo svolgisagola per la punta esplorativa ed una coppia di fari da
300w.
All’ingresso ci sono sassi ovunque ma, talmente piccoli, da non offrire un
attacco solido cosicché, con il volume ingombrante delle nostre siluettes, la
corrente intensa, provocata dalla sezione ristretta del passaggio, ci affatica
un pochino mentre superiamo i primi dieci metri. Oltre però, dove la galleria si
allarga fino a 15m per 10m circa, ci rilassiamo nell’ammirazione dell’ambiente:
pareti chiare, depositi d’argilla mischiata a cristalli di calcite che,
sfiorati, creano migliaia di magiche piccole stelline che riflettono ovunque la
luce dei nostri fari. L’illuminazione di oltre 1000w, fruga nel buio e svela
bellezze mai profanate; noi siamo consapevoli di essere i primi a godere di una
visione così chiara anche perché solitamente durante le esplorazioni in sorgenti
di questo tipo, utilizziamo per lo più solo un faro da 100W e perciò, anche se
l’acqua è limpidissima, questa potenza non è mai sufficiente ad illuminare
ambienti di grandi dimensioni.
La precedente osservazione della topografia e la descrizione fatta da Asterix,
ci permette di scegliere facilmente fra i due punti chiave rappresentati da un
doppio bivio, mentre percorriamo una serie di gallerie, una sala, un pozzo in
salita, una galleria, un pozzo in discesa, altra galleria ed una sala alla base
della quale, dopo un salto di 20m si raggiungono i -40m di profondità.
Il nostro viaggio subacqueo è degno dell’immaginazione dei racconti di Tolkien
dove la fantasia sublime ed enigmatica dell’avventura nell’ignoto t’avvolge,
mentre passi in luoghi remoti e terribili. Qui la fantasia retrocede per
lasciare il passo alla realtà che, forse, la supera. Quando sotto di noi
scorgiamo, a 40 m la bombola da 20 L ci tuffiamo giù: il fondo è coperto di
argilla ed un portale gigantesco triangolare alto più di 10m impone un
reverenziale timore. Superato il passaggio, sotto di noi c’è il nulla, nelle
vesti di un enorme spazio nero che si perde verso ogni dimensione.
Nel 1995 un’équipe Bulgara aveva violato l’ingresso della grotta ed era entrata
per circa 120m.
Noi raggiungiamo i -67m, dove termina il filo steso dalla prima spedizione
franco-belga organizzata nel 2000; nessuna traccia del filo della spedizione
belga del 2007, ma questo lo sapevo già perché Asterix, aveva segnalato la
scarsità di ancoraggi notata da lui, prima che la copiosa argilla, smossa dalle
pareti e dai soffitti dalle bolle d’aria del suo circuito aperto, gli riducesse
a zero la visibilità.
Attacco il mio filo nuovo e mentre nuvolette d’argilla aleggiano intorno a me,
avanzo quasi orizzontale per oltre quindici metri poi, una parete mi chiude la
strada; giù verticale per qualche metro ed a -72m, mi fermo, lasciando penzoloni
lo svolgisagola. Guardo la vertiginosa roccia che mi sprofonda sotto, illuminata
dai potenti fari di Mosè arretrato qualche metro sopra. Lui riprende con la
telecamera, io osservo il pozzo mostruoso scavato nel calcare.
In risalita, lascio la bombola da 20 l. a -68m mentre le poche bolle emesse dal
mio Copis e dalla muta, sono sufficienti a smuovere abbastanza argilla da
ridurre velocemente la visibilità: comprendo ora le gravi difficoltà avute da
Asterix in circuito aperto.
Ripercorriamo i 425m di gallerie che ci separano dall’ingresso, incrociando
Asterix che porta una bombola da 20l di 36% di O2 e di 36% di He a -36m e prova
il suo circuito chiuso Joky. A sua insaputa, è seguito da Kiro che fotografando,
si lascia trasportare dall’euforia e, con un bibo da 9 L, si allontana un po’
troppo dall’ingresso: sarà rimproverato. Per noi la bassa visibilità, significa
niente riprese e per oggi, termine dell’immersione.
Il tempo all’esterno è buono: l’aria libera ci sfiora, mentre ritorniamo alla
base.
Al mondo della natura primitiva si sostituisce il mondo di Internet: guardando
le previsioni meteorologiche s’insinua il sospetto che il sole quotidiano possa
essere oscurato da nuvole gonfie di pioggia nei prossimi giorni. Se il tempo
peggiorasse, le piogge potrebbero aumentare il flusso della corrente: decidiamo
di effettuare una sola esplorazione, la mia, per avere la possibilità di
recuperare immediatamente dopo, le attrezzature. Asterix, per lasciare spazio
alla mia, rinuncia generosamente alla sua punta personale che, afferma, sarebbe
solo di qualche decina di metri in più.
5 agosto
Tutto è pronto, il Copis con il filtro nuovo, il maialino, le luci funzionanti
(son finiti i tempi in cui tribolavo ad ogni esplorazione), finita la colazione
carichiamo le barche e via alla volta della piattaforma. Mosè entrerà in acqua
ad aspettarmi per riprendere l’ingresso nella sorgente, io partirò subito dopo
con il maialino e due bombole da 20l per raggiungere la parte da esplorare.
Entro in acqua tutto funziona al meglio ma il mio Copis è preparato per l’uso
con la muta grossa, ho montato una piastra d’acciaio da 8mm che pesa 6kg, troppi
per la muta che ho deciso di utilizzare e soprattutto tendono a ribaltarmi sul
dorso limitandomi in agilità.
Comunque ora non posso farci nulla e una volta presi tutti gli accessori che mi
servono per la sicurezza in immersione mi avvio verso l’ingresso. Non appena mi
affaccio alla grotta la corrente si fa sentire tanto che non riesco ad avanzare
nemmeno con il maialino, mi aiuto tirandomi sulla corda posizionata
dall’ingresso alla profondità di 7m. Vuoi che non succeda nulla? La corda entra
nell’elica ma fortunatamente vista la dimensione, 10mm e la tempestività con la
quale mi fermo riesco a toglierla velocemente e ripartire. Lungo tutto il
tragitto fatico a condurre il maialino a causa della mia negatività e mi ritrovo
sul bordo del pozzo dove lascerò il propulsore con una respirazione accelerata.
Non sono in forma, non mi immergo oltre i 100m dall’estate scorsa, per di più
non sono allenato e sono in sovrappeso a causa di tutti i problemi fisici che ho
avuto durante questa primavera e che non mi hanno ancora abbandonato del tutto.
Una volta lasciato il maialino commetto un errore, al posto di fermarmi a
riprendere fiato a -20m, mi lascio cadere nel pozzo pensando di recuperare
rallentando la pinneggiata ed inizio a muovermi verso l’esplorazione. Eccomi a
-70m da qui il filo scende praticamente verticale, vedo il mio svolgisagola
fermo nell’impressionante vuoto a -90m, Asterix lo aveva portato a questa quota
ieri. Che paura, sento dentro di me la stessa sensazione che avevo quando
saltavo con il paracadute, anzi no mi sembra di affacciarmi da una parete e di
scenderla con una corda e mentre assaporo le mie sensazioni eccomi sullo
svolgisagola ricoperto dell’argilla caduta, lo impugno ben saldo lo sblocco e mi
lascio andare, respiro male ma riesco ancora a gestire. Il pozzo a -100m ha un
diametro di 25m e riesco a vedere tutte le pareti che con le loro erosioni
sembrano indicarmi la via verso il fondo. Intravedo, inizia a definirsi qualche
cosa sotto di me, il fondo, no, a mano a mano che mi avvicino mi rendo conto che
si tratta di un enorme terrazzo a sinistra vedo il nero che segnala una
prosecuzione ma a destra il nero sembra di dimensioni maggiori, ho qualche
secondo per decidere dove indirizzare la mia planata, mi lascio scivolare nel
condotto più largo. Incredibile, che emozione, che grotta, che pozzo, ma il mio
ritmo respiratorio non ne vuole sapere di migliorare ma sinceramente non
peggiora nemmeno, mi avvicino al fondo per un ancoraggio, ancora un po’ mi dico
troverò qualche ancoraggio più giù, eccolo da sopra sembra perfetto, lo
raggiungo e dopo aver tentato un nodo che non mi riesce provo con un elastico ma
anche questa soluzione non va, taglio il filo ed inizio la risalita facendo
attenzione al filo non fissato. Uno sguardo al profondimetro, -136m a 515m
dall’ingresso.
Risalgo lentamente attraversando nuvolette di argilla che mi cadono in testa, a
-100m primo deep stop, ne approfitto per andare a fare il giro del pozzo, poi di
nuovo su fino ad arrivare alla bombola a -68m. Analizzando le previsioni
meteorologiche abbiamo deciso di recuperare tutte le bombole posizionate in
acqua così mi carico del 20L e continuo la risalita. Considerando la veloce
discesa verso il fondo anche la decompressione non è lunghissima, passo dai
-36m, prima del previsto anche qui recupero le due bombole che ci sono in
emergenza. Dopo una decina di minuti ecco spuntare Mosè e dopo poco anche il
Pifferaio, io mi scarico delle attrezzature ed inizio ad avanzare mentre Mosè ed
Alessandro recuperano il malloppo. Riemersione dopo 108 minuti.
6 agosto
La punta dell’immersione di ieri ha prodotto scalpore e molti giornali e
televisioni vengono ad intervistarci. Dopo aver soddisfatto la curiosità dei
“media”, per non rimanere con le mani in mano, mi dedico alle riprese esterne,
mentre Mosè s’immerge per recuperare un faro che, nella fretta è stato
dimenticato in grotta; il Pifferaio s’immerge insieme a Vasco che nessuno di noi
ha mai visto in acqua, per verificarne la preparazione. Nadia prende confidenza
con la grotta, usando il suo Mini Meg e gironzola nei tratti iniziali della
sorgente. Roger compie un’immersione durante la quale, risalendo un ramo nuovo,
esce in un’incantevole camera in aria ed Asterix si diletta scattando foto.
7 agosto
Poiché non solo noi dobbiamo godere delle meraviglie che Madre Natura occulta in
grotta e per di più sott’acqua, la giornata è dedicata alle riprese. Mosè ed
Asterix hanno la telecamera mentre il Pifferaio si occuperà di illuminare di
taglio le scene. Non sempre tutto fila liscio: infatti, appena partiti, abbiamo
subito un problema alla telecamera ed ai fari utilizzati da Asterix; lui
rientra, mentre noi procediamo lungo la galleria. Dopo un’ora circa di riprese,
mentre torniamo anche noi, incrociamo Roger che sta andando a dare un’occhiata
alla sala che si apre prima del pozzo; ci riferirà poi, di non aver trovato
nulla d’interessante. Una volta riemerso, ritorno subito sott’acqua con Vasco
per un altro giretto.
Alla sera, tra una birra e l’altra, verifichiamo le riprese analizzandone la
caratteristiche positive e gli errori commessi.
8 agosto
Il programma della giornata inizialmente, sarebbe quello di fare delle riprese
fino a -100m, con le due telecamere che, una volta impostate correttamente,
dovrebbero funzionare alla perfezione. Ripensando alle previsioni
meteorologiche, medito che forse abbiamo tempo al massimo solo fino a lunedì,
prima che piogge copiose comincino. Poco prima di caricare la barca, mi consulto
con Asterix sul da fare, perché sarebbe stupido dedicarsi alle riprese, senza
preparare la grotta per l’esplorazione che, per me, è il desiderio più
pressante.
Decidiamo quindi sia di fare le riprese, sia di predisporre per una punta il
lunedì. La permanenza in acqua per la maggior parte di noi oggi sarà lunga:
Asterix e Mosè, dopo avermi seguito fino a -100m., risaliranno ad aspettarmi tra
i -60m ed i -40m per completare le riprese.
Quando siamo tutti pronti, puntuali come orologi svizzeri, ecco apparire gli
operatori di una televisione, qualche giornalista e qualche fotografo,
desiderosi di seguire le operazioni.
Davanti alla sorgente, completiamo gli ultimi dettagli: Asterix e Mosè tengono
la telecamera, il Pifferaio ripristina la linea di emergenza del circuito
aperto, trasportando due bombole da 20 l. Il terzetto partirà un quarto d’ora
prima di me, perché io, pur trasportando i fari da 200w, lo svolgisagola e due
bombole da 20 l. sarò avvantaggiato dal cavalcare il maialino.
Nadia partirà subito dopo di me per riposizionare le bombole di nitrox 50% alla
profondità di -21m., Roger e Vasco si occuperanno di controllarmi durante la
decompressione.
Il programma è rispettato abbastanza regolarmente: Asterix e Mosè partono
insieme, il Pifferaio dopo qualche minuto ed io, che seguo con la coda
dell’occhio il tutto, gestisco la mia velocità di preparazione. A mollo in
acqua, verifico i sensori ed il Copis, mi carico del bagaglio e mi avvio.
Siccome in questi giorni ha piovuto molto a Skopje, ma non qui dove siamo noi e
nemmeno sul massiccio, questo fa sì che la corrente non sia aumentata, ma
nemmeno diminuita. L’altro ieri Roger ha sistemato la corda speleo alla quale
tirarsi per entrare, in maniera tale da poterla afferrare con più facilità. Fra
i due pezzi annodati, pende una coda di 70cm che, al mio passaggio con il
maialino, mentre sono impegnato a scendere a testa in giù, carico di materiale,
con il propulsore che non riesce a vincere la corrente ed i sassi aspirati e
sputati dal vortice creato dall’elica, dove va a finire? Ovvia la risposta: è
aspirata dall’elica e si avvita sull’albero. Una vampata di nervoso mi assale
mentre, in balia della corrente, tento di liberare il maialino. Non posso fa
altro che tagliare la corda, terminare di liberare l’elica e ritentare il
passaggio, operazione che fortunatamente, ha successo in questo secondo
tentativo. Ora non mi può fermare nulla, mi dico mentre avanzo baldanzoso con il
propulsore. Supero la sala Peoni (la prima sala che s’incontra) raggiungo i -33m
da dove si arriva alla base di un pozzo verticale, che sale fino ai -12m. Le
luci che vedo sopra di me sono del il Pifferaio che sta risalendo; lo supero e
continuo.
Ad un tratto vedo delle luci accendersi: avranno sentito il rumore del maialino.
Sto allerta perché poco prima delle telecamere, c’è il filo che attraversa la
galleria e lo spazio a disposizione per superarlo è poco. La situazione non è
semplice, se aggiungiamo poi che le telecamere stanno riprendendo il mio arrivo,
ecco che quasi m’impiglio. Poco male! Attacco al filo il maialino ed inizio a
scendere lentamente nel pozzo. Mosè sta sotto ad aspettarmi mentre Asterix mi
segue da dietro. 1000W di luce invadono l’ambiente. Che bellezza! Vorrei sempre,
anche durante le esplorazioni, filare come un missile ed avere tutta questa mega
illuminazione.
Una volta arrivati nel pozzo, mi lascio andare ad una velocità di 13m/min e,
raggiunti i -100m punto oltre il quale non sarò più seguito dalle telecamere,
aumentando la velocità, percepisco l’affievolirsi delle luci dietro di me.
Tengo i fari puntati sul fondo, nella speranza di veder filmata questa visione
fantasmagorica. Anche la maggior luce in mio possesso, mi permette di vedere
meglio tutto. Afferro saldamente lo svolgisagola e, mentre compenso la muta, lo
preparo per legarlo al filo che attende a -136m. Mi sento molto bene e la
respirazione è regolare; intravedendo la coda del filo, mi metto in assetto
perfetto per evitare di muovermi ed intorbidare, ed eseguo il nodo.
Per il programma originale, avrei dovuto iniziare a risalire ora, ma mi sento in
una condizione così ottimale che decido di perdere qualche minuto e fare un po’
d’esplorazione, scendendo ancora. Osservo il pozzo che qui ha una forma
ellittica e misura circa 30m per 15m. e, avvicinandomi all’ennesimo spuntone
che, come il solito, non è il massimo come ancoraggio, con un po’ d’impegno
riesco ad annodarci il filo; così, alla nuova profondità di -159m., blocco lo svolgisagola che abbandono per continuare la prossima volta e per oggi basta.
I miei battiti cardiaci sono aumentati rispetto a prima perché ora su Galileo
leggo 135.
Tornato a -100m, preparo sul filo un elastico che mi permetta di lasciare una
delle due bombole da 20 l., dove sta il primo deep stop. Alzando la testa, vedo
le luci dei miei compagni d’immersione. Gironzolo nel pozzo con i due fari da
100w accesi, nella speranza di poter essere ripreso ma, a causa della distanza e
della visibilità, temo che non sarà possibile. A -70m, intanto che Mosè mi è
vicino con la camera, ad un tratto mi accorgo, osservando il mio HUD, di avere
alta la pressione parziale dell’ossigeno; eseguo un lavaggio veloce con il gas
di fondo ma dopo poco, di nuovo, trovo la PpO2 alta; nuovo lavaggio, ma questa
volta mi accorgo che la valvola del by-pass è rimasta aperta, per cui stacco la
frusta che alimenta con ossigeno puro la valvola e tutto ritorna normale.
Purtroppo, riducendosi velocemente la visibilità a zero, devo prendere tra le
mani il filo altrettanto velocemente per potermi spostare in sicurezza.
L’oscuramento dura poco così che, mentre Mosè mi segue durante la decompressione
con la telecamera, io per gratificarlo dell’impegno, gironzolo per la sala,
recupero il maialino, vado avanti ed indietro nella galleria. I minuti scorrono
e la decompressione procede senza intoppi. Quando la sosta a -12m è finita, devo
ridiscendere il pozzo che mi riporta a -33m da dove finalmente, tornare alla
superficie senza altre variazioni importanti di quota. A -18m incontrando Roger
con la batteria per il giubbetto, le cavigliere e la borraccia contenente il tè
caldo, mi accomodo a mio agio come al Café Paris. Proseguendo poi fino a -12m,
da dove si può vedere la luce del giorno penetrare nella grotta e, trovando
Asterix, in decompressione, gli offro un po’ di tè. Lui però, nel chiudere il
boccaglio del suo Joky, stacca il tubo di’espirazione allagando il rebreather ed
è costretto a terminare la decompressione in aperto. Roger si cimenta in qualche
foto nella piccola risalita, quando compare Vasco con una seconda batteria e una
bombola da 10 l. di gas respirabile a pochi metri di profondità, mentre io mi
alleggerisco della bombola da 20 l..
Dopo 139’ d’immersione, tiro fuori dell’acqua la mia facciona con un grosso
sorriso stampato sopra, perché sono molto soddisfatto per com’è andata
quest’esplorazione improvvisata. Il risultato finale non è ancora arrivato.
Note:
1) Servizio sulla Televisione Nazionale Macedone A1
[Clicca quì] (file .wmv)
2) Servizio sulla Televisione ALSAT-M
[Clicca quì]
(file .flv)
9 agosto
Questa giornata è dedicata al ripristino delle attrezzature usate durante le
immersioni, includendo sia i fari che i rebreathers cioè i Megalodon ed i Copis:
sul mio riparo un buco nel sacco contro- polmone, Mosè è impegnato con le
batterie che alimentano l’elettronica del suo circuito, ognuno ha il suo
personale ritocco cui dedicarsi.
10 agosto
La perturbazione atmosferica si è scaricata sulla città di Skopje mentre, per il
momento, qui dove siamo noi tutto é tranquillo. Purtroppo le previsioni meteo
annunciano peggioramento dal pomeriggio e questo ci fa rimanere titubanti sul
proseguimento dell’esplorazione.
Asterix, che due anni or sono, dopo una giornata di pioggia intensa sul
massiccio sovrastante, non è più riuscito ad entrare nella grotta per una
corrente troppa intensa per essere vinta, rimanendo con un pugno di mosche, per
tutti i restanti cinque giorni di spedizione, teme che le attrezzature lasciate
al momento all’interno della grotta, non possano più essere recuperate.
La probabilità di dover tornare nel futuro prossimo, per recuperarle, non è
un’ipotesi accettabile; la mia casa dista 1650km da qui e solo l’idea di un
viaggetto organizzato solo per questo, mi sembra improponibile.
La decisione è di organizzarci per recuperare tutto, subito, senza intoppi alla
fine dell’esplorazione che faremo oggi. Cambio anche la sequenza delle
operazioni: Roger mi porterà il maialino e le due bombole da 20 l. a -10m dove
la corrente non si percepisce più, poi mi aspetterà per carpire qualche foto
della mia partenza. M’infilo i sotto-muta e la muta con un’apparente calma,
perché il caldo si fa sentire anche se siamo a 320m di quota, all’ombra e nel
canyon soffia sempre un po’ di vento. Una volta collegato il tubo al
preservativo, i cavi del giubbetto elettrico e chiusa la cerniera salto nel lago
per rinfrescarmi: l’acqua di 11°, due in meno che nella grotta, è un gradito
sollievo. Proseguo la vestizione stando a mollo, pinne e fissa-pinne in primis,
poi le due maschere, una di scorta che va nella tasca e quella che userò, la
cintura con 1kg di zavorra ed il pacco batteria collegato al casco.
Torno a sedermi sulla piattaforma e con l’aiuto di Nadia, la sirenetta
dell’esplorazione, completo la vestizione: Copis, guanti Galileo, monitor,
tronchesino sull’avambraccio destro, non mi resta altro che prendere contatto
con il circuito chiuso. Seduto sul bordo, avendo il Copis già pieno d’ossigeno,
una volta preso il contatto con il boccaglio, effettuo qualche inspirazione
dalla macchina ed espirazione dal naso, per eliminare ulteriormente l’azoto
presente. Vado di peso sulle braccia, mi giro e mi lascio cadere in acqua. In
questi giorni, ho sostituito la piastra da 8 mm. con una da 3 mm ridiventando
agile come le piccole trote, mie sorellastre, che in questo punto del lago si
affollano numerose intorno a me. Sguazzando nell’acqua trasparente, mi avvicino
di nuovo alla piattaforma per farmi passare il faro.
Dato il tempo a Roger che si avvia con la macchina fotografica, di sistemarsi in
un punto adeguato, m’avvio verso l’ingresso. Tirarmi sulla corda è più semplice
che entrare con il maialino, così in un attimo, sono nella zona dove c’è il mio
materiale. Mentre mi carico dei due rélé, Roger scatta numerose foto finché,
infilato il maialino fra le gambe, attendo qualche secondo ancora per le ultime
foto, do motore e mi allontano velocemente.
Ormai conosco bene la strada e so già dove anticipare le curve per guadagnare
tempo, anche se con i fini decompressivi, questa manovra, non ha nulla a che
fare: aiuta solo la mia psiche. Fine della galleria ed il pozzo è di fronte a
me: abbandono il maiale per continuare con le pinne. Mi mantengo alto il più
possibile, tenendo in vista il filo sotto e, dopo un paio di minuti ecco, in
basso, la voragine dell’altro il pozzo. Con il filo fissato 30m più avanti,
inizio a scendere in diagonale finché riconosco la parte di pozzo, dove c’é la
mia bombola gialla: è fatta, non mi resta che lasciarmi andare verso di lei. La
supero, planando con eleganza all’interno delle pareti che mi circondano,
nessuna sbavatura, pochi colpi di pinna per dare direzione e via verso il
famigliare svolgisagola, che mi aspetta, almeno credo, un po’ più sotto: é
sempre emozionante vederlo, raggiungerlo, impugnarlo, sbloccarlo e scendere.
Andrò avanti, come al solito, a sensazione: mentre scendo, non mi preoccupo per
i metri che raggiungerò e che mi faranno compagnia in decompressione, perché non
mi do un limite numerico, ma il limite sarà dettato dall’istante, dalle mie
paure, dai famosi campanelli d’allarme. Scendo ancora e mi chiedo dove sto
andando perché non vedo più la parete pur scendendo in verticale: il pozzo si
allarga a campana e sono perplesso sulla direzione da seguire. Non devo pensare
a lungo sul da farsi perché ecco sotto di me della roccia che raggiungo
atterrando su di un enorme masso: intorno a me vedo solo piccoli passaggi, gioia
per uno speleologo che raggiunge la base di un pozzo mentre per uno speleosub a
queste profondità, queste prosecuzioni diventano assai limitative.
Il mio entusiasmo esplorativo si esaurisce qui a -190m,
a 574m dall'ingresso, con la delusione di aver finito. Fissato il filo, non
molto bene, se devo essere sincero e, ripreso lo svolgisagola, iniziando la
risalita, giro su me stesso e, “non posso crederci” eccola lì la galleria che mi
auguravo, che sprofonda nel nero assoluto. Un attimo di stizza mi prende ma,
ragionando freddamente, mi rendo conto che non posso farci nulla, a volte
succede e, forse questo fa parte del sesto senso che mi ha fatto voltare per
vedere che di qui si passa ma che, avendo ormai le antennine rivolte verso
l’uscita, la metto in lista per la prossima volta.
In risalita, alla quota di -170m, prendo i gradi bussola per capire su che asse
è impostata la faglia così eccomi arrivare tranquillo come un papa, fino al mio
primo deep stop a -150m poi su ancora a -125m; mentre guardo verso il basso, ho
tempo per sentire dentro di me ribollire il desiderio di tornare per continuare
e mi domando se la galleria scende come promette o se piega in orizzontale, o se
risale. Quanti sogni! In un attimo i miei pensieri elaborano quantità illimitate
di fantasie, ma sono consapevole che queste fantasie saranno costrette a
mantenersi tali quasi per un anno, in altre parole fino al ritorno.
Ecco la bombola a -100m che recupero continuando la risalita fino ai -67m, dove
prendo anche la quarta bombola. A -36m agganciandomi addosso anche la quinta,
medito che entro breve tempo arriveranno i compagni a verificare la mia deco ed
a liberarmi dalle attrezzature superflue. Colpi di flash mi avvertono che
qualcuno, Asterix, sta scattando le foto, mentre i fari potenti, sicuramente
della telecamera di Mosè, illuminano la mia risalita; si fa avanti l’unico che
in questo momento mi può e mi vuole aiutare, il Pifferaio. Stiamo a mezz’acqua
sulla parete che risale fino alla galleria a -20m ed il passaggio delle
voluminose attrezzature non è semplice; in ogni modo iniziamo dalle cose più
importanti, mi passa da bere, la batteria e mi mette le cavigliere. Salgo fino a
-24m ma, dopo aver passato una bombola da 20 l. lascio accidentalmente cadere la
batteria ed il Pifferaio, ottimo angelo guardiano, deve scendere sul fondo a
-40m per recuperarla.
Mi scarico del resto delle bombole trattenendo le due più adatte ad essere
eventualmente ancora utilizzate. La decompressione procede lenta fino ai -12m
poi, cavalcando a tutta birra il maialino nella galleria orizzontale fino al
pozzo, scendo a -30m nella sala Peoni dove, risalendo dai -21m, recupero una
bombola da 15 l ed una da 7 l. Tempus fugit: il mio prossimo appuntamento sarà
con Roger per altre foto, nei pressi dell’uscita. Giunto alla base dello scivolo
d’ingresso, infatti, voilà messieur Roger, pronto allo scatto, e la sirena Nadia
che mi porta una batteria: in cambio le consegno due bombole da 20 l, lo
svolgisagola ed il maiale. Vasco, stagliatosi all’orizzonte, s’incarica di
trasportare la bombola da 15 l e di assistermi negli ultimi minuti di
decompressione. Dopo 173’, riemergendo, scorgo sulla piattaforma, giornalisti e
cameraman delle televisioni nazionali Macedoni che mi attendono.
Il medico Aleksandar che si è reso disponibile ad assisterci per tutta la durata
della spedizione, ha preparato sulla piattaforma fiale di vitamine e sali
minerali piacevoli da bere, che ci consegna come premio e medicina delle lunghe
immersioni.
11 agosto
Riposo per Mosè, il Pifferaio ed io, mentre Nadia s’incarica di prendere dei
campioni d’acqua e di sedimento, rispettivamente fino a 200m e fino a 150m di
distanza dall’ingresso, Vasco a 50m di distanza; Roger ed Asterix fotografano.
Nel pomeriggio tutto il team è ospite dell'Ambasciata d'Italia a Skopje.
12 agosto
La raccolta di campioni d’acqua e di sedimenti, è importante ai fini degli studi
idrologici, geologici e biologici cosicché anche oggi, Nadia eseguirà prelievi a
250m dall’ingresso e il Pifferaio a 350m. Asterix alle luci, Mosè alla camera ed
io, accecato tra i due, proveremo ad immortalare un cospicuo numero di visioni
spettacolari delle gallerie così da poter montare un piccolo documentario per
non lasciare a bocca asciutta i profani che stanno all’asciutto. Per Roger 1000w
di luce accesa nella sala Peoni, sono una ghiotta occasione. Dopo un’ora
d’immersione, rientrando nella sala Peoni, abbiamo ancora luce e possibilità di
registrare, le batterie del maialino hanno ancora energia, così che ho lo spazio
per divertirmi con le due bombole da 20 l. che trasporto come rèlè,
capovolgendomi in una serie continuata di looping.
Concludiamo l’immersione, riportando diligentemente sulla piattaforma, una parte
dei materiali che ora, in acqua, non servono più.
13 agosto
Manca ancora qualche cosa alle nostre immagini, così Asterix, Mosè ed io
torniamo in acqua per completare l’opera. Sono il più fortunato perché scorrazzo
nelle gallerie con il maialino mentre quelli che lavorano si muovono con le
pinne. Per fortuna la distanza non è molta, solo 300m dall’ingresso con molte
soste per valutare attentamente le inquadrature.
Quando usciamo, inizia il lavoro faticoso e noioso: trasportiamo con pazienza
sulla barca, tutto il materiale rimasto sulla piattaforma e rientriamo alla base
godendo, per una volta ancora, la vista delle montagne rocciose che sorgono
impervie dalle scure acque che ne rispecchiano il verde della vegetazione ed il
grigio del calcare.
Il lavoro pesante si concluderà alle 19.30 con la sistemazione definitiva di
tutto il materiale sulle auto dopo un percorso di circa 500m, sulla strada che
per fortuna ora è in discesa, in perfetto orario con la cena organizzata dal
gruppo Peoni alla quale partecipano oltre a noi, una ventina di persone.
14 agosto
E’ il momento del commiato con gli amici della regione che ci hanno gentilmente
ospitato, che ci hanno traghettato avanti ed indietro sul fiume alla sorgente:
la commozione e gli abbracci e le promesse del ritorno, finché occorre proprio
partire.
La partenza è però graduale perché abbiamo una sosta prevista a Skopje dove
siamo attesi per una conferenza stampa all’Hotel Holiday Inn.
Il ritardo accademico di 10 minuti dovuto al traffico intenso, c’imbarazza non
poco quando entriamo nella sala gremita di persone in attesa; ci fanno
accomodare dietro ad un tavolo sul quale posano i microfoni mentre otto
telecamere sono puntate su di noi ed una schiera di volti di giornalisti
incontrati durante il nostro soggiorno, ci affianca. Finita la conferenza stampa
una nuova sorpresa ci attende: siamo attesi dal sindaco di Skopje che ha
interrotto le vacanze per incontrarci e portarci di persona il saluto di questa
ospitale città. Domande, spiegazioni, nuovi progetti, emergono dai nostri
discorsi e tutto questo ci fa pensare ad una prossima spedizione con un
interesse maggiore nei confronti della sorgente di Matka Vrelo e della nostra
attività. Uno spuntino con il Console Onorario del Belgio e gli amici macedoni
poi la partenza è definitiva: la nostalgia che ti assale per la gente, per il
luogo, per l’esperienza esplorativa appena vissuta, fa parte del programma.
La strada, la lunga strada che mi separa da casa, sembra infinita. Una volta
superata con facilità la dogana macedone, grazie all’aiuto di Kiro, decidiamo
che ognuno vada per conto suo. Quando siamo in Serbia, ci salutiamo: i due belgi
sono con un’auto che traina un carrello quindi certamente lenti, il Pifferaio
non può andare veloce a causa della tenda sul tetto, mentre sia io sia Nadia e
Mosè siamo in grado di mantenere medie un po’ più alte. Il traffico intenso ora
ci allontana ora ci avvicina tanto che, per tutto il tragitto in Serbia, capita
che ci incontriamo casualmente negli autogrill o nelle code ai caselli. Do un
passaggio ad un poliziotto serbo che si reca al lavoro a Beograd: lui parla solo
serbo e con le mie dieci parole di serbo non riesco a comunicare un gran che,
tuttavia, inizio un’esperienza singolare. Ci parliamo a gesti ma viaggiare in
autostrada con un mezzo carico, a velocità sostenuta, non è molto facile: mi
offre subito un po’ di “rachi” cioè grappa, che accetto bevendola a canna e
bagnandomi solo le labbra per evitare di mettere alcool nel corpo, mentre guido;
poi si chiacchiera d’automobili e chissà cosa capisco io e chissà cosa capisce
lui, fatto sta che siamo d’accordo. Arrivati al casello di Beograd mi consiglia
di fare il furbo e m’indica dove passare per evitare un bel po’ di coda: non me
lo faccio ripetere due volte anche perché voglio rientrare a casa con una sola
tirata. Sulla tangenziale di Beograd mi chiede di accostare, ci salutiamo ed il
mio viaggio continua in solitudine. Al confine con la Croazia, la coda
estenuante mi fa perdere più di due ore; Nadia è dapprima qualche macchina prima
di me, poi la fortuna gira dalla mia e la mia corsia diventa più veloce, li
supero e, durante le soste, chiacchieriamo; il Pifferaio è dietro di noi ma non
lo vediamo. A notte fonda, giunti in Croazia, il traffico scompare e si viaggia
senza problemi. Al confine sloveno, la coda è corta, dietro di me, Nadia; spero,
entrando in Comunità Europea, che i controlli siano più veloci, ma non è così
perché i doganieri sloveni, che sembrano rimasti al tempo dell’ex Yugoslavia,
rendono questo passaggio di dogana, senza ombra di dubbio, il più complicato e
lento di tutto il viaggio. Da qui in poi perdo il contatto con gli altri e mi
godo alle spalle, l’alba di questo 15 agosto, guardandola nel retrovisore. Casa
dolce casa! Ci arrivo alle 08.30 senza altri intoppi, dalle strade del mattino,
dopo aver percorso 1650 km in 15ore.
Partecipanti: