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SORGENTE DEL MULINO a CASTELCIVITA 2003

di Roberto Rinaldi

(Pubblicato sulla rivista "Mondo Sommerso")

 

L’appuntamento con la sorgente del Mulino a Castelcivita per tradizione annuale, stavolta, per cause contingenti, si è ridotto a due settimane invece che le tre solite prestabilite. La settimana di ritardo, bruciata in partenza, per una brutta caduta di Gigi mentre si allenava in bicicletta con l’attesa quindi che i lividi e le escoriazioni diventassero compatibili con le immersioni programmate, non è stata successivamente recuperata per le condizioni intrinseche in cui si trovava la sorgente. La forte siccità ha infatti  notevolmente contribuito all’abbassamento del livello dell’acqua all’ingresso  e se questo poteva far sperare in una diminuzione della corrente nella zona profonda della galleria, d’altra parte ci si è resi conto, subito dopo le prime discese, che la visibilità già inizialmente solo di 5 metri, al ritorno si riduceva fino ad un metro. Ricordiamo che durante le esplorazioni degli anni precedenti, si poteva godere di una visuale di 15m  che si riduceva al ritorno a non meno di 5 metri. Una novità sostanziale è tuttavia intervenuta che ha segnato una svolta nel sistema esplorativo di questo anno e sempre più caratterizzerà le future esplorazioni: Gigi ha iniziato ad utilizzare un doppio circuito semichiuso passivo: il Recy01. Naturalmente questo passaggio non è stato privo di interrogativi ed incertezze che si sono risolte durante l’uso, grazie alla valutazione critica degli handycap e del supporto delle regole di sicurezza tradizionali: mentre preparava il percorso per le immersioni di punta, quando si trovava ormai oltre i -80m di profondità, Gigi ha sostenuto dei seri problemi di respirazione con i rebreather che lo hanno obbligato per ben due volte al rientro in circuito aperto fino alla tappa di decompressione. Si è reso  conto che il problema era legato all‘erogazione, solo la seconda volta quando, a -70m, non riuscendo più a respirare dal rebreather, e continuando a scendere fino a -115m in circuito aperto, ha osservato con calma, che i corrugati del rebreather erano completamente collassati. Controllato che l’alimentazione al circuito fosse corretta, notato che in risalita i corrugati tornavano nella normalità delle loro funzioni, alla prima sosta di decompressione  a -65m ha provato allora, con successo, a riutilizzare il circuito. Passando di tappa in tappa durante la decompressione, tempo a disposizione per pensare, per riflettere, per investigare, ce n’è in abbondanza, così alla fine dell’immersione Gigi aveva ormai scartato l’ipotesi che l’erogatore fosse tarato scorrettamente; piuttosto il malfunzionamento si doveva ricercare nell’anti-freezer. Una volta fuori ecco la soluzione: gli anti-freezer erano vuoti. Spiegazione: l’anti-freezer di metallo montato da Gigi, se non è riempito di liquido, impedisce alla pressione dell’acqua di lavorare sulla membrana del primo stadio e quindi raggiunti gli 8,5bar ( -75m ) della taratura, non è più possibile respirare. Questi erogatori con questi anti-freezer erano stati utilizzati da Gigi nella spedizione di giugno sugli Urali in Russia: non avendo trovato alcool, in quella occasione Gigi aveva riempito gli anti-freezer con glicerina, liquido ben più denso e ostico da eliminare che non il solito alcool. Così, la poca glicerina rimasta, aveva fatto credere, ad un veloce controllo, che essi fossero pieni, mentre al contrario erano desolatamente vuoti.

I tempi dedicati alla preparazione dell’esplorazione vengono perciò coinvolti anche da questa esperienza delicata ma tutto sommato fruttuosa per rendersi conto che mai si deve lasciar spazio alla superficialità, sempre ci sono angoli della propria “esperienza” da illuminare.

 La fiducia sulle nuove apparecchiature perde un po’dello smalto iniziale e per affrontare le immersioni più avanzate Gigi ripiega sulla mediazione fra il passato ed il futuro, quindi la sua progressione sarà basata sull’utilizzo di un solo circuito semichiuso ed il rientro in circuito aperto. La seconda settimana, il 5 agosto,Gigi porta una bombola di sicurezza e lo svolgi sagola il più lontano possibile: il filo precedente è affondato nelle dune di sabbia e va rimosso; la visibilità, il giorno prima ha piovuto, si è abbassata ulteriormente e non lascia che il percorso sia riconoscibile se non tramite alcuni caratteri principali della galleria. Questa comunque è già un’immersione lontana con la quale si conferma il funzionamento del nuovo apparato che stavolta si comporta perfettamente, cosicché Gigi, dopo essere rimasto trenta minuti nelle zone profonde, rientra continuando ad usare il rebreather anche durante la decompressione.

Le considerazioni fondamentali che si evidenziano sono significative: il consumo totale con l’uso del rebreather è stato di 4800 l. di gas; adoperando il circuito aperto tradizionale, per la stessa immersione sarebbero occorsi circa 30.000l di gas.

Inoltre la ridotta emissione di bolle non ha staccato grosse quantità di argilla dal soffitto e le condizioni di visibilità ne sono state avvantaggiate.

Per l’immersione di punta finale i preparativi sono meravigliosamente ridotti: infatti le bombole di soccorso per le decompressioni, non essendo state utilizzate, sono già là e non occorre preparare nulla. La prudenza comunque suggerisce a Gigi di usare sempre il rebreather con il supporto tradizionale delle solite bombole. Parte, tutto fila liscio, riesce ad allungare l’esplorazione di una trentina di metri scendendo a -120m: purtroppo la grande sala dove è arrivato ha una visibilità pessima ed a nulla valgono i tentativi nelle varie direzioni per trovare una continuazione ragionevole. Quando decide di rientrare definitivamente, si impegna a recuperare tutte le bombole predisposte sul percorso: usando il rebreather, il problema dell’autonomia si è ridotto eccezionalmente, semmai si allungano le tappe di decompressione ma anche in questo caso c’è ampio spazio per l’autonomia.

L’otto di agosto si rientra: dal punto di vista di avanzamento dell’esplorazione i risultati sono stati solo accettabili a causa delle condizioni intrinseche della sorgente, tuttavia un nuovo grande orizzonte pieno di aspettative per il futuro si è aperto. L’uso di questo rebreather sperimentato, verificato, portato ad una profondità assolutamente nuova -120, ha dimostrato quanto nel futuro occorrerà sempre minor impiego di bombole, di portatori, ha dimostrato quanto più veloci ed agili si prospettano le esplorazioni ed è solo questione di tempo, un tempo veramente breve.

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