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GROTTE DI OLIERO 2005
Cogol dei Siori

 

Quest’anno 2005, la spedizione inizia in sordina, poichè inizialmente a Valstagna, siamo solo Simone ed io che arriviamo il mercoledì 5 alla sera. Giovedì siamo gia in compagnia di altri amici con i quali andiamo all’Elefante Bianco a fare una piccola immersione e dove troviamo una visibilità favolosa fino a -50m, situazione che capita raramente in questi ultimi anni. Non è questo il campo prefissato questa volta per operare, bensì sono le grotte di Oliero, il Cogol dei Siori, nel quale venerdì, Simone si immergerà per posizionare un paio di bombole di soccorso a 6m e a -21m.

Il sabato è impiegato per montare il campo: trasportare i materiali dalla macchina al piazzale nei pressi della sorgente, montare la tenda, sistemare i carica batteria, ecc. Il nostro numero è fortunatamente aumentato, siamo in undici, ed il lavoro procede velocemente tale da non sembrare molto gravoso; Simone, Michele, Cimabue, Cichita, Francesco, Maceria, Davide, Mauro, Matteo si danno un sacco da fare e Caramella per coronare l’opera, si esibisce involontariamente in un tuffo dalla instabile barchetta, rovesciandosi nelle gelide acque del lago.

La domenica, tutta la linea decompressiva viene messa in acqua, comprese due bombole da 20l e una da 15l, più uno svolgisagola con 500m di filo, che vengono posizionati al di là del laminatoio, pronti per essere presi da me e portati in punti prestabiliti.

Il circuito aperto mi servirà per emergenza, in caso di malfunzionamento del circuito chiuso Voyager; è infatti questo apparato che utilizzerò durante la progressione.

Lunedì di nuovo, il gruppo diventa esiguo: rimane Cichita, Cimabue e Modesto ed io naturalmente. Prima di entrare in acqua, mi accordo con Cimabue per ricevere una sua gradita visita alla mia sosta di decompressione dopo circa 75′; non sarà servito il caffè. Parto con il maialino raggiungendo, senza faticare per la corrente, il laminatoio; lo oltrepasso e trovo le attrezzature che prenderò ben posizionate dai miei amici aiutanti che ormai non hanno più segreti nel campo. Il filo vecchio è rimasto in posizione ed il maialino mi permette di scorrere rapidamente sui metri che mi separano dall’obbiettivo. Percorsi circa 550m dall’ingresso, posiziono, dietro un masso, la bombola da 15l e proseguo osservando il poco che vedo della galleria: a differenza dell’Elefante Bianco, qui la visibilità non è così splendida, solo 3-4 metri. Raggiunti gli 850m, il filo si interrompe su un ancoraggio oltre il quale il nulla continua davanti a me. Parcheggio il maialino e fisso il filo dello svolgisagola, poi inizio a pinneggiare ritrovando, dopo una trentina di metri, il mio caro precedente vecchio filo. Decido di metterne uno nuovo continuando sul vecchio ancora in ottime condizioni di salute: fatti i nodi necessari vado avanti. Dopo una decina di metri, con grande disappunto vedo il vecchio filo rotto. Mi rassegno, ricollego lo svolgisagola e proseguo per tutta la galleria a -62/64m; stavolta, anche se vedo in alcuni punti il vecchio filo ancora ben posizionato, non mi lascio tentare: troppo tempo, per fare nodi di collegamento: stenderò un filo tutto nuovo di zecca. Avendo indosso la muta leggera, il freddo comincia a farmi rabbrividire un pò, per cui, amando la vita comoda, mi sta bene rientrare: sono a 1100m dall’ingresso. Depongo con delicatezza lo svolgisagola ed una bombola da 20l. La corrente mi trasporta dolcemente verso l’uscita e mi lascia il tempo di tagliare in piccoli pezzi, un centinaio di metri del filo vecchio pericolosamente parallelo e vicino a quello da me steso pochi minuti prima. Rientrato in zona decompressione dopo 70′, a -40m incontro due piccoli protei, risalgo piano piano e raggiungo il laminatoio, lo supero e incontro Cimabue, mi passa la batteria e le cavigliere e proseguo fino al lago iniziale. Nel lago osservo una gigantesca e immobile trota prima di riemergere dopo 145′. Sono quasi in superficie quando incrocio Cichita e Modesto che entrano e vanno a sostituire la corda dal laminatoio all’uscita che le piene del 2004 hanno usurato in diversi punti.

Il martedì parto con l’intenzione di ritornare in acqua ma dopo aver realizzato la mole di lavoro che mi aspetta per preparare il materiale da lasciare in acqua decido di rinunciare. Prepariamo tutto il necessario per l’immersione di domani, due maialini, una bombola da 20l e uno svolgisagola. Ripariamo l’argano che montato sul cavalletto ci permetterà di mettere in acqua il pesante maialino che utilizzerò nei prossimi giorni. Cichita e Modesto continuano il lavoro di sostituzione della corda, mentre Francesco va a portare il materiale che prenderò domani al di là del laminatoio.

Il mercoledì, mentre sostituisco la batteria all’analizzatore di ossigeno, forse perchè ho la mente proiettata troppo avanti, rompo involontariamente il suo tubo in plexiglas e sono costretto ad annullare l’immersione. Ho la possibilità di contattare Nicola Donda il titolare di Aquatek che fortunatamente ne ha ancora uno in casa, e per non sprecare giorni preziosi vado da lui a Trieste per recuperarne un altro mentre Cichita e Cimabue si organizzano per terminare il lavoro di sostituzione delle corde nel tratto iniziale.

La mia spada di Damocle è come sempre, la situazione metereologica che, imprevedibile come la forma ed il numero dei pezzi di un vaso lasciato cadere a terra, può determinare in bene od in male le condizioni della sorgente.

Giovedì recupero l’immersione saltata il giorno precedente modificando però il programma: decido di puntare diritto al ramo fossile portando il più lontano possibile, una bombola di soccorso ed uno svolgisagola con 300m di filo. Prevedo di partire con due maialini che mi garantiscano la sicurezza per il ritorno. Comincio in tarda mattinata utilizzando da subito un maialino e le due bombole da 20l, mentre il secondo maialino è già pronto oltre il laminatoio. Mentre percorro i primi 160m di galleria, mi rendo conto di quanto sia vantaggioso avere poca attrezzatura sulla schiena, poichè sono agile e libero nei movimenti senza le complicazioni legate ad un carico ingombrante. Raggiunto il laminatoio, mi ci infilo, e con estrema facilità lo oltrepasso: ecco di fronte a me un proteo di medie dimensioni che tranquillamente, è a casa sua, attraversa il masso sul quale ci sono posate le due bombole e il maialino. Ho il tempo di guardarlo mentre preparo il rimorchio e mi carico le bombole; infastidito dalla mia presenza, decide di andare a rintanarsi tra i massi mentre io, a cavallo del maialino riparto.

Riesco a percorrere la galleria alla massima velocità, raggiungendo rapidamente il punto dove lunedì avevo lasciato la bombola e lo svolgisagola. In questa galleria non ci sono fili che proseguono: la situazione richiede che lasci il maialino che ho utilizzato per la progressione in compagnia della bombola di soccorso; riprendo invece a stendere filo nuovo utilizzando il secondo maialino. Avanzo con un po’ di fatica: lo svolgisagola di grosse dimensioni è pesante da maneggiare e svolgere il filo, procedendo sul maialino con due bombole da 20l una da 7l, non è il massimo della comodità. In alcuni punti il vecchio filo, spezzandosi, ha creato “zone con 4-5 fili che proseguono paralleli,”?

Il pericolo che rappresentano me li fa aggirare con cautela. Arrivo a 1250m utilizzando tutti i 500m di filo da 2,5mm dello svolgisagola. Da qui non mi resta che seguire i due vecchi fili che vanno nel ramo fossile e che sembrano ancora ben messi; così riesco a procedere più velocemente su un percorso che mantiene la profondità media di -43m e pongo la meta a 1600m; Qui abbandonerò la bombola da 20l con lo svolgisagola contenente 300m di filo da 2,5mm: mentre colloco per benino il tutto dietro un masso, scorgo ancora un proteo di grosse dimensioni scappare via sul fondo fangoso della galleria. Mamma natura è stata davvero generosa con me e mi ha regalato, in due immersioni, l’incontro con ben 4 protei. Il rientro è tranquillo: mi fermo in alcuni punti a sistemare il filo poi, poco prima di un punto dove il soffitto si avvicina pericolosamente al fondo, metto degli elastici per ricordarmi di fare attenzione al prossimo passaggio, e piano piano arrivo al maiale che avevo lasciato. Lo riprendo ed inizio il rientro verso le tappe di deco. Sono in zona decompressione dopo100′; Francesco ? viene puntuale all’incontro e mi porta una batteria per il giubbetto elettrico e le cavigliere. Anche Cimabue passa, dopo un tempo prestabilito, a controllare che durante la decompressione proceda tutto bene; gli consegno le ultime cose che mi ero tenuto per rientrare fino al laghetto iniziale, gli scrivo che mi piacerebbe bere del thè caldo all’uscita e a questo punto non mi resta altro che rimanere ad attendere i diversi minuti che mi rimangono per finire la decompressione. Dopo 210′ riemergo affamato ed assetato: finalmente andrò a mangiare ed a bere.

Venerdì Cichita e Cimabue si danno da fare per allestire i maialini e metrare il filo che servirà per l’immersione di domenica. Tra una chiacchierata e l’altra riusciamo a terminare quasi tutti i lavori. Sul far della sera ecco una bella sorpresa: appare Jean Jacques, rientrato da pochi giorni da un viaggio in Africa, desideroso di passare un paio di settimane al salutare freddo umido dell’Oliero. Scarichiamo le sue attrezzature, riusciamo a metterle in ordine prima che faccia buio, poi andiamo a rilassarci prima dell’abbuffata serale. Alle 22.00 ricevo la telefonata di Christos, un amico greco che mi conferma si aggiungerà al gruppo.

Sabato il gruppo è ridiventato numeroso ed ognuno fa la sua parte; Cichita, Cimabue, Ennio e Christos posizionano la campana e tutti gli accessori in acqua, io mi dedico a sistemare gli ultimi aggeggi che mi serviranno domani e Jean Jacques prepara il suo circuito semichiuso. Nel pomeriggio siamo raggiunti da Marc… e Roger…i due amici Belgi che stanno facendo la topografia all’Elefante Bianco fino alla profondità di -105m. Marc si immerge per portare oltre il laminatoio un maialino e una bombola da 20l.

Domenica
Dopo qualche inconveniente iniziale, il mio sottomuta bagnato dal solito Cimabue risalito grondante sulla barca comune, quando sono circa le 12.30 mi avvio per provare la continuazione nella parte fossile della grotta. Splash! giù in acqua, supero rapidamente il laminatoio al di là del quale oziano il maiale grosso, un aquazepp, il maiale rosa piccolo, due bombole da 20l e uno svolgisagola. Riesco a tenere attaccati dietro a rimorchio, due maialini e una bombola da 20l. La progressione è rapida come sempre; il faro nuovo che ho montato sul maiale non si rivela di appropriata utilità perché illumina di fronte a me e non il filo che sta sotto di me; lo modificherò inclinandolo verso il basso. Raggiungo i 1250m, lascio l’aquazepp di soccorso e proseguo il mio viaggio. Dopo 65′ raggiungo e supero senza troppi problemi la bombola che avevo posizionato due giorni prima ed a circa 1850m dall’ingresso, ritrovo il filo rotto che mi costringe a fermarmi. Parcheggio i maiali e tranquillamente, pinneggiando, stendo 30m di filo nuovo fino a raggiungere il filo vecchio. Ritorno ai maiali e dopo aver riordinato tutto, continuo la progressione. Il vecchio filo non ha un bell’aspetto: si presenta con disgustoso colorino marrone, mostra, in alcuni punti, evidenti segni di usura e non è sempre rimasto ben teso. Le macchine come la mia, i circuiti chiusi, sono la fine del mondo per quanto riguarda l’autonomia, ma non devo cadere nell’errore di essere troppo fiducioso per quanto riguarda i termini di sicurezza, perciò, con cautela passo, a distanza dal filo evitando di strattonarlo inavvertitamente.

Il computer mi impone un deep stop di un paio di minuti a -21m, poi finalmente, raggiungo i 2000m; qui la zona è complessa anche se, la galleria che parte rispetto alla mia posizione a 90°sulla sinistra, appare come la più significativa: mi meraviglio di osservarla più grande di quanto mi ricordassi. Continuo con tutto il rimorchio ancora per un po’ e, dopo un centinaio di metri,mi fermo per lasciare il maiale grosso.

Da qui in poi continuerò solo con il maialino piccolo. La scarsa visibilità non mi permette davvero di vedere molto bene la galleria che riconosco a mala pena; verso i 2350m, a -15m circa, una piccola sosta per riparare il filo rotto, e via, di nuovo a cavallo del mio propulsore: a 2500m, termine in cui avevo pensato di lasciare il maiale, trovando il filo ancora intatto, proseguo senza esitare.

A 2550m dall’ingresso il filo, troppo lasco per i miei gusti, mi insospettisce: tirandolo mi accorgo che è di nuovo rotto, anche se il punto di rottura è lontano. Do l’addio al maiale e proseguo con le pinne. In questa zona molto fangosa la sospensione è all’ordine del giorno per cui sto alto dal fondo ed avanzo tranquillo seguendo l’ansa del filo. Ecco che mi trovo di fronte ad un’enorme galleria, nella quale al momento, non oso entrare perchè il mio filo prende un’altra direzione. Quando arrivo alla sua fine, lo collego a quello dello svolgisagola.

Eseguendo i nodi di rito, mi accorgo che alcuni protei, 4 o 5, mi stanno facendo compagnia: le mie intenzioni sono amichevoli ma turbo il loro tran-tran quotidiano cosicchè seccati, pur stando a mollo in acqua, nascondono la testolina tra i massi e i buchi del fondo: anche per oggi nessun invito al tea-party. Finalmente riconosco il punto dove avevo fissato il filo l’ultima volta: rifletto su come è si è modificata la mia progressione in questo tratto rispetto all’anno scorso; con il circuito aperto ero arrivato qui e come un fulmine avevo fatto dietro-front saltando il minimo di deco che mi toccava. Adesso, con il circuito chiuso, ho tutto il tempo di guardarmi in giro, vedere altre gallerie, volteggiare da un lato all’altro. Mi aggiro con circospezione tra un masso e l’altro, perché per un momento mi è sembrato, osservando la sospensione, di avere la corrente dietro la schiena: dopo 32m, di fronte a me, incrociando un’altra galleria, vedo un filo di piccole dimensioni ancora bianco: accidenti! lo riconosco! E’ lo stesso filo che ho visto sulle bobine di Rick Stanton questa estate in Francia. Non credo ai miei occhi, perchè non avrei mai immaginato di poter
arrivare a congiungere le due gallerie di Oliero. Da ora in poi non saranno solo i Protei ad entrare dai Siori e uscire dai Veci o viceversa! Dopo aver fissato il filo nei pressi dell’altro, ritengo che sia ora di rientrare: sono a conoscenza del percorso della galleria esplorata da Rick. Ho tutto il tempo di osservare sul computer che sono passati 115′. Pinneggiando, pinneggiando verso il ritorno, raggiungo il maialino che grazie alla sua spinta mi fa avanzare con più velocità e senza fatica fino a
dove giace il maiale grosso. Riallestisco il sistema di traino poi, sorridendo nella maschera, accarezzo l’immagine delle future esplorazioni, dei percorsi sorprendenti e senza quasi accorgermi raggiungo la bombola da 20l che recupero e trasporto fino al bivio a 1250m; lì mi servirà come soccorso per le prossime escursioni. Trascorsi 190′ la prima quota deco è a -42m in compagnia di tre piccoli protei; dopo decina di minuti appare la scura sagoma di Jean Jacques che passa e va dopo un segnale di ok. Via via sono visitato da Marc, Roger, Christos, che tra una foto e una borraccia di thè allietano la mia sosta, mentre Simone in ottima forma e Ennio K.O. per l’influenza, fanno le balie asciutte occupandosi della parte logistica. Esco nel mondo dell’aria alle 17h20’ dopo 290′ e tante facce e curiose mi stanno intorno, compreso l’occhio vitreo della telecamera di una TV locale.

“Archiviata” la prima fase delle esplorazioni, ora è opportuno trovare un momento di pausa per tirare le somme. Questa congiunzione è tanto inaspettata quanto fantastica. La supposizione che le due sorgenti fossero collegate ora è diventata una certezza che ci chiarisce anche dove e come. Mi illumino di un’allegra gioia quando ripenso al momento in cui ho intravisto e poi riconosciuto il filo di Rick. Questo collegamento mi distoglie per il momento, dal mirare a raggiungere le gallerie aeree perchè vale la pena condividere Rick i programmi per le future esplorazioni. Gli ambienti labirintici trovati, fanno ben sperare strade infinite tutte da esplorare e diventano, da questo momento, più facili da raggiungere dal nuovo accesso dei Cogol dei Veci: le esplorazioni si organizzeranno da quel lato. Questo collegamento merita un po di spazio dedicato al riposo ed alla meditazione e mi prenderò la giusta pausa impiegando i prossimi due giorni, nella cattura di immagini: è giusto per noi e per gli altri, documentare queste attività che forse in un futuro ci potranno apparire seppur gloriose, già superate, ed aver la possibilità di rispolverare una tantum la nostra memoria polverosa, con immagini reali e nitide.

Lunedì 17 mi dedico alla sistemazione dei materiali da me utilizzati, ricarico le batterie, nel bombolino dell’argon e dell’ossigeno il diluente non lo guardo nemmeno (consumo talmente poco che non ne vale la pena di ripristinarlo), ripristino il circuito chiuso,(c’è il sofnolime da cambiare,
le parti meccaniche da asciugare ecc.).

Si inizia a fare anche qualche ripresa esterna con gli amici dello Studio Blu di Roma, mentre Jean Jacques prepara le sue bombole con le miscele e Christos si dilegua verso Modena per recuperare del materiale che gli è necessario.

Martedì 18 voglio andare a controllare il filo dai 1250m in avanti nella galleria dell’attivo; è una buona occasione per le riprese: montata sul casco ho una microcamera che registrerà per circa un’ora, ciò che vedro’ durante l’immersione. Io stesso avrei dovuto essere ripreso durante il passaggio del laminatoio ma, purtroppo raggiungo i cameramen, partiti una decina di minuti prima di me, a metà strada rispetto al luogo dell’appuntamento; a cavallo del maialino, li supero ed arrivato in brevissimo tempo sul punto prestabilito, non avendo idea di quanto si potrebbe prolungare l’attesa del loro arrivo, dopo qualche minuto opto per continuare il mio programma di lavoro; le riprese le faremo un altro giorno. Raggiungo bel bello i 1250m, lascio i propulsori ed il materiale che ho con me, per riuscire a muovermi con più agilità. Riparo il filo rotto che va nel ramo attivo e, dopo una pinneggiata di solo qualche decina di metri, voilà, il collegamento è ripristinato. Già che ci sono, mi carico una bombola da 20l che avevo lasciato lì domenica già con l’intenzione di portarla a 1450m. Uffa che barba! Dopo un centinaio di metri, di nuovo mi devo fermare per riparare il filo. Raggiunti i 1450m finalmente, poso la bombola e uno svolgisagola, e mi impegno in una meritata piccola corsa, senza troppi gingilli addosso ma solo con il maialino, fino a 1550m. La doverosa verifica dei tre analizzatori, mi segnala che uno non funziona: non vorrei, ma la prudenza mi impone di rientrare. Raggiunti i 1250m il sensore si rimette a funzionare; meglio così, perchè ciò significa che è colpa del il solito falso contatto che ahimè avevo tralasciato di riparare. Dopo 90′ raggiungo la quota deco e vedo sfilare Jean Jacques che va a far
pulizie dei fili vecchi rotti a 900m dall’ingresso. In assistenza Francesco, Giuseppe, Modesto e Christos, sempre puntuali, sorvegliano sia la mia decompressione prima, che quella di Jean Jacques dopo.

Mercoledì giornata di riposo assoluto mentre i nostri cameraman svolazzano nell’acqua per cogliere immagini nei primi 200m di sifone.

Giovedì dedico la giornata alla sistemazione delle mieattrezzature per la punta del giorno dopo ed alla sommaria verifica della campana che mi ospiterà alla conclusione delle prossime lunghe immersioni. Jean Jacques dal canto suo, ritorna nella stessa zona di martedì per continuare le pulizie dei fili. Christos, solo, si occupa di noi due e conclude le sue mansioni da balia, dedicandosi a sorvegliare la deco di Jean Jacques.

Venerdì: A partire da ora, le nostre forze si concentreranno sul ramo chiamato “attivo”. L’altro ramo, detto impropriamente “fossile” manifesta anch’esso presenza di corrente ma in modo più moderato, per cui la curiosità esplorativa è rivolta dalla parte da cui di acqua ne arriva tanta di più.Fortunatamente i primi 1250m sono in comune ai due rami quindi non c’è niente da ripristinare perchè il filo di Arianna, le bombole e il maialino di soccorso sono in posizione. Non resta altro che andare a vedere da 1250m a 1690m, punto in cui lo scorso anno, complice la pessima visibilità, dai 2 ai 3m, non mi era stato permesso di intravedere la prosecuzione. Rispetto ai giorni appena trascorsi, le condizioni all’Oliero si stanno ottimizzando, cioè la corrente diminuisce e la visibilità migliora pian pianino. Finalmente riprenderò l’esplorazione, anche se mi imporrò delle soste lungo il percorso per verificare che gli erogatori montati sui relè di soccorso siano funzionanti. Vado:la bombola che giace a 1450m la porto fino a 1600m ma il filo si interrompe nuovamente. Sono costretto a cambiare i piani e a lasciare la bombola da 20l ed il maialino grosso, proseguendo con il propulsore piccolo e tirando il filo fino alla fine dell’esplorazione dello scorso anno a 1685m. A questo punto decido di deporre anche il maialino piccolo e di avanzare solo con le pinne. Ricordando i tentativi di ricerca senza risultato dello scorso anno andando dritto e a destra, stavolta provo sulla sinistra e trovo una galleria che inizia con 2,5m di altezza e una larghezza di oltre una decina; ecco, ci sono! Con queste condizioni di buona visibilità è stato facile trovare la sospirata prosecuzione. Mi ci infilo senza esitare e subito le dimensioni si ampliano notevolmente. Posizionandomi nel mezzo per avere la visione delle pareti che riesco ad intravedere appena, le stimo a una decina di metri di distanza da me ed il soffitto a 4-5m; sento una leggera corrente che mi contrasta ma non è fastidiosa. La profondità rimane costante sui -52m e dopo un centinaio di metri, mi ritrovo in una zona con dei massi di crollo che risalgo; il soffitto ora, è solo a 2m dal fondo ma dopo una decina di metri di nuovo mi abbasso di quota e la galleria torna ad avere le cospicue dimensioni di prima. Il fondo è a tratti di roccia, a tratti di ghiaia inglobata nel fango; sui lati della galleria osservo giganteschi depositi di argilla. Riesco ad avanzare per 207m prima di fermarmi su un comodo piano di roccia che mi servirà per depositare il maialino grosso alla prossima punta: oggi ci lascio una bombola da 20l e lo svolgisagola pronti all’uso. Rientro a mezz’acqua osservando la galleria, fino a raggiungere il maialino piccolo, un rapido passaggio ed ecco di fronte a me il maialino grosso che mi aspetta; i gesti sono i soliti: preparo il cavo per rimorchiare, attacco i moschettoni, sposto i pesi in maniera di avere tutto il carico come lo desidero e di nuovo a cavallo del “fido destriero”. Sono costretto a rallentare nei pressi di una curva a circa 1500m dall’ingresso vedendo un povero piccolo proteo morto già in fase di decomposizione. I soliti passaggi chiave, dove faccio attenzione a non sbattere la testa, dove evito che i fili vecchi si impiglino nell’elica, dove penso che devo ancora percorrere 40′-45′ di galleria con i suoi continui saliscendi prima di arrivare alla decompressione. I due speleosubacquei belgi impegnati a topografare la zona profonda dell’Elefante Bianco attorno ai -105m, si prendono una pausa dai loro lavori raggiungendo l’Oliero per di assistermi durante la decompressione. Dopo 125′ sono in quota deco: lì Marc mi porta dopo 40′ la batteria e le cavigliere cosicchè la mia deco può procedere nel massimo confort. Roger viene a scattare delle foto e Christos si alterna con Marc per servirmi il thè. Visto il trattamento da principe, decido di non entrare in campana e di fare tutta la deco in acqua: dopo 263′ riemergo.

Sabato Jean Jacques continua l’infinito lavoro di pulizia della galleria dai vecchi fili e l’infaticabile Christos, dotato della sua “fresca” muta umida gli fa assistenza. Nel pomeriggio arrivano Caramella e Viki che vengono subito messi al lavoro: il filo da metrare per lo svolgisagola che utilizzerò domani.

Domenica mi immergo verso le 11h20′. Al di là del laminatoio mi aspetta il maialino piccolo e la bombola da 20l che Francesco ha portato poco prima della mia partenza. Raggiungo il laminatoio, scendo dal maiale e lo trascino con me nel passaggio basso quando, per un colpo sul soffitto gli si innesca il motore. Riesco a rimanergli attaccato per il convogliatore mentre per rimettere la leva, troppo lontana dalla mia mano, in posizione, lo sbatto in senso opposto nuovamente sul soffitto. Medito sull’accaduto e su come cautelarmi nel futuro. Oggi è il giorno del maialino pazzo ed i guai non sono terminati. Quando nuovamente si riaccende, non riesco a tenerlo. Questa volta va ad incastrarsi contro il soffitto e, mentre tento di aggirarlo, il flusso creato dalla spinta dell’elica mi spinge via; prendendola alla larga, riesco ad acchiapparlo e finalmente, dopo qualche metro, esco dal laminatoio. Capisco che tutto il patatrack è imputabile alla variazione dello zavorramento che avevo sperimentato. Mi attacco il maialino di soccorso dietro, prendo la bombola da 20l e rimonto a cavallo del mostro domato. Una delle due ali si è stortata per
l’urto, ma si può ancora usare. Pensare che prima di entrare in acqua mi sentivo in forma
smagliante! Quando, dopo 30′ di immersione, il VR3 mi segnala che la batteria è bassa,
anche il mio umore scende di giri e mi viene voglia, una volta arrivato al termine del filo a 1892m dall’ingresso, di posare maialino e svolgisagola e di rientrare. Poichè sono più lento di 3′ sui primi 1250m di galleria, per recuperarli, comincio a tagliare le curve che ormai conosco bene; ora sì che mi diverto! A 1600m dall’ingresso c’è sua maestà il proteo, “un bel esemplare che non prende il sole ma sta sdraiato sulla spiaggia”. Il filo scorre sotto di me ed eccomi nella parte da me visitata di recente; sono quasi alla fine del filo, tutto va per il meglio, anche il computer continua a funzionare; vedo il luccichio dello svolgisagola, mi fermo, giro il maiale grosso in direzione dell’uscita. Sono passati 55′, sgancio il piccolo ed invece che rientrare mi faccio attirare dal richiamo troppo forte
dell’ignoto. Dopotutto, se rimango sotto un pochino in più, la mia decompressione non cambierà molto rispetto a quelle fatte nei giorni scorsi: impugno lo svolgisagola e parto verso nuovi ambienti. Dopo qualche decina di metri, sono costretto ad andare a sinistra poi a destra poi ancora a sinistra prima di trovare un buon passaggio. La galleria scende a -60m, percorro 80m prima di lasciare il maialino sopra un sasso, scendo ancora fino a -64m poi vado in orizzontale. Non credo ai miei occhi; sono in un salone enorme, con un soffitto a più di 10m da me, il fondo a 3m;
a sinistra non vedo nulla a destra nemmeno; proseguo disorientato e mi infilo in una galleria che risale. Lo stupore non è finito: la roccia in questa zona è completamente diversa, nera nerissima, forse basalto? Chissà cosa è successo qua sotto qualche “annetto” fa! Continuo a risalire per la galleria inclinata di 45° circa; a -50m riesco ad intravedere le pareti; la corrente è decisamente più sensibile. Risalgo fino a -44m, mi fermo: intorno a me enormi massi neri riducono la sezione della
condotta. La corrente è abbastanza sostenuta tanto che preferisco non tentare di varcare la
finestra di fronte a me che misura circa 4X4m. Per oggi basta: è il momento di rientrare. Fisso il filo, lo taglio, recupero lo svolgisagola; l’etichetta mi rivela che ho steso 233m di filo, l’orologio mi indica che sono al 75′. Mi stacco dal fondo e mi lascio trascinare dalla corrente: rimanendo a 5m
dal filo, a mala pena riesco a vedere il soffitto; le rocce nere che osservo nella galleria, hanno delle forme incredibili, tanto che vorrei rimanere qui a godermi queste immagini. Eccomi di nuovo nella sala e poi in lontananza la luce del maialino che avevo lasciato acceso per avere un riferimento durante il rientro. Vi salgo a cavallo e via verso il maiale grosso. Devo decidere, prima di raggiungere il punto in cui ho lasciato il maialone, se recuperare tutto e desistere, o se ritornare qui a cercare nuovi passaggi e tentare di forzare la finestra con la corrente. Nell’ultimo chilometro fatico un po’ a respirare, sento acqua nel circuito ma non volendo fermarmi a vuotare i polmoni, viaggio inclinato per evitare di bere. Non voglio nemmeno uscire in circuito aperto per così poco, perciò tengo duro e raggiungo la prima sosta deco dopo 130′; nei due minuti che devo trascorrere a -36m riesco a svuotare i polmoni del circuito e la respirazione torna normale. Simone è il primo a venirmi incontro, quando sono già a -18m; solita routine: mi scarico di tutti i materiali ingombranti, e rientro dal laminatoio senza faticare. Le avventure di questa immersione mi fanno sentire un po’ stanco per cui decido di entrare in campana. Caramella ha portato un maiale che userà domani Jean Jacques, Matteo mi aiuta ad entrare per gli ultimi 75′ di deco in campana, poi torna per aiutarmi ad uscire. Riemersione senza alcun problema dopo 290′.

Lunedì. La mia è una giornata tranquilla: devo solo riempire la bombola di argon e smontare il circuito. Jean Jacques invece, si incarica di andare a sostituire il maialino di soccorso che da diversi giorni giace addormentato a 1250m, con uno simile con le batterie fresche di carica. Il maiale ( medio ) che utilizza per raggiungere il punto, normalmente ha una autonomia di 4km alla massima velocità tirando un carico pesante, ma stavolta inspiegabilmente, questo ha un cedimento, forse dovuto alle batterie, a circa 1000m dall’ingresso; Jean Jacques decide di lasciarlo attaccato al filo e di rientrare con il maiale di soccorso che doveva sostituire l’addormentato. In decompressione lo assiste Caramella mentre Viki, in crisi influenzale, preferisce non immergersi. Christos per la seconda volta, se ne è andato a Modena a sostituire un pezzo del suo nuovo “giocattolo”

Martedì. Mentre io riposo ancora in attesa dell’immersione di domani, oggi è il grande giorno di Caramella che utilizzando miscele, andrà a fare un giro a circa 400m dall’ingresso. Verso i -42m i soliti tre piccoli protei lo salutano. Poiché non si può perdere una “prima” così, Christos si incarica di filmarlo, ed insieme a lui riprende, nel lago iniziale, un proteo. Viki trasporta oltre il laminatoio, un maialino che utilizzerò come soccorso domani.

Mercoledì. Con questa immersione vorrei controllare se è possibile continuare la galleria ed approfittare per raccattare un sasso dal fondo da far analizzare. Dopo circa 400m di galleria, accorgendomi che ho un ingresso di acqua nel reb, mi rassegno all’idea che i miei progetti dovranno subire delle limitazioni: decido comunque di avanzare per trasportare il più lontano possibile il maialino piccolo e, nel caso raggiungessi il punto dove Jean Jacques lunedì, ha lasciato il maialino medio, provvederò a recuperarlo. Arrivato a 1000m circa dall’ingresso, vedo il maialino medio ben attaccato sul filo; dal momento che continuo a respirare bene, avanzo ancora un po’. Le due bombole da 20l che ho con me, più le bombole di sicurezza nel sifone, mi danno sicurezza, e questo è il motivo per cui avanzo ancora un altro poco, poi ancora un altro pochino, fino a raggiungere i 1800m dove lascio il maialino piccolo. A questo punto non penso tanto alla continuazione dell’esplorazione bensì alla possibilità di andare a prendere il campione di sasso. Raggiunti i 2000m dall’ingresso, alla profondità di -60m, raccolgo un sasso e lo metto nel piccolo sacco di pvc.
Finalmente mi è chiaro da dove entra l’acqua nel reb: in espirazione, a seconda di come trattengo il boccaglio nella bocca, vedo qualche bolla uscire; durante la manutenzione, l’aver smontato tutto il circuito, pulito le valvole, ecc. non è servito a nulla dal momento che non ho pensato di sostituire la fascetta che tiene il boccaglio morbido fissato sulla parte rigida. Rientrando a tutta velocità, non avendo nulla al traino, decido di non vuotare il loop di respirazione del circuito dall’acqua, per sperimentare fino a che punto posso continuare a respirare.

Raggiunto il maialino medio, mi fermo lo attacco dietro di me e lo tiro fino al laminatoio dove viene preso in consegna da Francesco. Viki recupera il maiale grosso e mi fa assistenza in decompressione mentre Christos, sempre più coinvolto nell’entusiasmo delle riprese, si diverte a documentare le decompressioni, il proteo, e tutto quello che gli pare degno di interesse.

A fine immersione ho verificato il quantitativo di acqua all’interno del loop e ho osservato di averne quasi un litro nel canister e un litro abbondante nel polmone di espirazione.

Giovedì. Mentre Christos, Viki e Caramella si dedicano alle loro immersioni, io e Jean Jacques andiamo a fare spesa: vino e formaggi dell’altopiano.

Venerdì. Jean Jacques ha il compito di andare a circa 1000m dall’ingresso, per terminare il lavoro di tagliare dei vecchi fili e lasciare la grotta almeno nel tratto iniziale, il più in ordine possibile.
Viki, Christos e Caramella si occupano di assisterlo mentre io, dopo aver sistemato il boccaglio, mi preparo le bombole per l’immersione del giorno dopo: una bombola da 2l di O2 e una bombola da 2l di argon. Jean Jacques al termine dell’immersione, mi comunica di aver “lasciato” il maialino a 900m e di essere rientrato a pinne.

Sabato. Oggi è l’ultima immersione di questa spedizione: mi propongo di raggiungere l’obbiettivo sfumato mercoledì e di recuperare tutto il materiale all’interno della grotta. Sono in acqua che mi attacco le bombole laterali, mentre attivo la calce respirando in tutta tranquillità sul circuito, quando sento acqua entrare dal boccaglio: le imprecazioni per i primi 20 secondi si sprecano. Smetto di respirare e osservo il boccaglio: la fascetta che avevo tirato come un forsennato si è staccata..…gentilmente Jean Jacques mi recupera una fascetta più solida e finalmente posso partire. Non avendo carichi da trasportare, pur avendo inserito la velocità lenta sul maialino, avanzo troppo velocemente tanto che, nei cambi di direzione più netti, devo fare degli sforzi fisici non indifferenti per modificare la traiettoria. Raggiungo in 40′ i 1800m, cambio propulsore: lascio il maiale grosso e continuo con il piccolo fino a raggiungere la sala a 2000m; inizio a gironzolarvi per vedere se ci sono prosecuzioni, ma purtroppo nulla; posso solo descrivere che ha una larghezza di 20-25m e che sui lati, le pareti sono ben visibili. A questo punto non mi resta che raccogliere altri campioni di sassi ed iniziare il rientro. Essendo costretto a delle soste per recuperare il materiale che avevo posizionato nei giorni precedenti nella grotta, ecco cosa mi ritrovo a trasportare negli ultimi 900m fino al laminatoio dell’ingresso: tre maialini, 4 bombole da 20l, 2 bombole da 15l e
la zavorra supplementare. Inizio la decompressione dopo 120′ di immersione, e come sempre, ricevo la gradita visita da parte di Ennio, Caramella, Christos, Viki e Simone che mi alleggeriscono del carico e mi portano sia da bere, sia le batterie per il confortevole giubbetto elettrico. Una volta sistematomi per benino, scelgo di non usare la campana per la deco cosicché gli amici possano nel frattempo, smontare la campana. Riemergo dopo 270′.

L’Oliero è una riserva di grosse soddisfazioni e per questo la mia ricerca continuerà ancora a lungo.

Anche se la voglia di proseguire è molta, sento che è meglio che mi prenda una piccola pausa per ricaricarmi lo spirito. Il progetto che desidero attuare tra pochi giorni è quello di ritornare alle grotte di Oliero, nel sifone dei Veci, in compagnia di Rick Stanton e John Volanthen per iniziare un’esplorazione un po’ diversa dalle solite.

E dopo aver mangiato, mangiato e ben bevuto………cita una vecchia canzone; riprendiamo i nostri lavori esplorativi e topografici al Cogol dei Siori.

Domenica 13-02-05 siamo un bel gruppetto; Simone, quasi mattiniero, porta al di là del laminatoio il maialino di soccorso e due bombole da 20l e una da 15l.

C’è gente venuta da lontano per fare immersione all’Oliero. Vedendoci impegnati nei preparativi, chiedono gentilmente se creano problemi: la grotta è molto ampia, c’è spazio per tutti e le condizioni di visibilità sono eccezionali e li incoraggiamo a cogliere l’occasione per godersi una immersione. Una ragazza di loro, strappa involontariamente il polsino della sua muta stagna, e sul suo viso si legge un profondo disappunto per l’immersione sfumata. Durante la mia pausa meditativa passata al “pensatoio”, penso alla muta stagna che uso per le piccole immersioni e che è stivata nel carrello. A pausa terminata, la prendo e la porto alla ragazza: la misura sembra giusta.

Si è fatto mezzogiorno e devo ancora cambiarmi: vado di “corsa” nella tenda, zoppicando per il ginocchio che continua a farmi male ed inizio a prepararmi per l’immersione.

Il mio incarico è di portare una bombola da 20l a 1000m ed una a 1450m con il maialino. Da 780m a 900m, devo tirare un filo provvisorio metrato, per permettere a Jean Jacques di riprendere la topografia dal punto in cui la avevo terminata nel lontano 1990 : in quella occasione ero andato a forza di sole pinne, dall’ingresso con tre bombole da 18l sulla schiena ed un relè da 10l ventrale ( nelle bombole c’era il 15% di elio)

I tempi della mia immersione devono essere rispettati al massimo perché Lorenzo, Max e Roby mi aspettano a circa 300m dall’ingresso per scattare delle foto e prendere qualche immagine video: devo essere puntuale perché non è bello che aspettino.

Dopo che sono partito, Alberto porta una bombola di soccorso da 15l a circa 800m dall’ingresso e Sarchiapone prepara il resto della linea deco: 1 bombola da 15l a -18m e una a -6 e la zavorra supplementare a -12m.

Fortunatamente è il maialino che tira, evitandomi di pinneggiare, visto che la gamba sinistra mi fa molto male; tuttavia, non volendo diminuire la velocità, sono costretto ad utilizzare le pinne come timone per la direzione, aumentando il carico di lavoro sulla gamba destra.

Arrivato in deco dopo 75’ con 5’ di ritardo, ecco spuntare i fotografi che, con le loro potenti lampade ( oltre 1000W in totale ) illuminano a giorno la galleria. Le foto, che vengono scattate con macchine digitali senza flash, mi obbligano a stare immobile per evitare l’effetto “mosso”. Nell’ultimo tratto rientro pinneggiando con una gamba sola.

Ennio recupera a fine immersione, il maiale grosso e la bombola da 20l che utilizzo come diluente. Riemergo dopo 140’.

Lunedì rimaniamo sul campo solo Jean Jacques ed io: che strana sensazione di tranquillità!

Jean Jacques prepara le attrezzature per l’immersione dedicata alla topografia. In ritardo sulla sua normale tabella di marcia, entra in acqua che sono ormai le 13.00 passate; con il suo aquazepp arriva fino a 780m dove inizia il rilievo; raggiunge la galleria a -60m e, dopo 80m di rilievo, decide di rientrare. Dal termine della sua topografia in poi, c’è il nuovo filo messo all’inizio delle esplorazioni. Jean Jacques recupera lo svolgisagola con il filo metrato che avevo lasciato il giorno prima e riemerge dopo 150’ di immersione.

Martedì verso le 12.00 ci raggiunge Francesco che si occuperà di me in deco.

La corrente è sempre pochissima, la visibilità forse a causa di questi ultimi giorni caldi si è ridotta leggermente: è il giorno giusto per tentare di forzare la risalita a 2135m nel ramo attivo.

A parte la bombola da 20l che ho con me, non devo trasportare null’altro almeno fino a 1000m, dove prenderò con me la bombola che ho depositato domenica: vado proprio veloce perché in 2’ arrivo al laminatoio, dopo 29’ sono a 1250m, dopo 35’ passo sopra il maialino di soccorso e la bombola ed al 50’ minuto lascio il maialino alla profondità di -55m a 2100m dall’ingresso in compagnia di un piccolo proteo.

Inizio la risalita: a -44m attacco il filo; in questo punto si percepisce sempre la corrente anche se in tono decisamente minore rispetto a 20-25 giorni fa.

La galleria risale, per cui faccio una prima sosta deco a -32m ed intanto mi guardo attorno: capisco di essere in una frattura relativamente piccola con massi che ne riducono ulteriormente le dimensioni fino a circa 2mX4m; per i due minuti che devo trascorrere, rimango con la muta più gonfia del solito per contrastare la corrente e starmene in santa pace. Poi continuo la risalita fino ai -21m: il gas che scarico dal circuito e dalla muta, andando a sbattere contro il soffitto, fa cadere nuvole di argilla che l’acqua trascina via velocemente. Raggiunto i -12m: mentre osservo l’ambiente noto, sopra la mia testa, un proteo che nuota a mezz’acqua, abbasso la testa e ne vedo uno di dimensioni decisamente grosse, sicuramente oltre i 20-25cm e non è un coccodrillo, che si aggira tra i massi. A -9m incontro un altro animaletto delle grotte, un niphargus (piccolo crostaceo un paio di centimetri di dimensione simile ad un gamberetto) che mi gira intorno e distoglie il mio sguardo dai massi. I massi alcuni sono grossi come furgoni, altri abbastanza piccoli, tanto che evito di attaccare il filo per evitare che cadano, altri semplicemente grossi come sassi.

Oltre a guardarmi in giro ed osservare la vita di questo ambiente “straordinariamente lontano dal mondo”, penso a cosa potrebbe succedermi se uno di questi massi rotolasse in basso: meglio non pensarci ma mi muovo con delicatezza.

A -6m vedo aria sopra di me, intravedo però anche il soffitto e questo non mi fa sperare in bene; non solo, ma non sento più la corrente. Comunque decido di finire la decompressione per sbirciare: a -4,5m lascio le bombole da 20l perché il passaggio sopra la mia testa è piccolo e non credo di riuscire passare con i due relè; dopo 105’ riemergo in una nicchia d’aria senza possibilità di esplorazione.

Sono proprio un po’ deluso e quando rimetto la testa sotto per tornare, la visibilità si è ridotta un sacco in tutta la frattura; scendo rapidamente fino al maiale che placido aspetta il mio ritorno e inizio il rientro.

La corrente trasporta la fanghiglia e per i primi 300m di galleria la visibilità ne risente.

Arrivo in deco dopo 150’ e puntuale dopo qualche decina di minuti vedo arrivare Francesco. I cameraman del gruppo ASSO ricominciano le riprese interrotte due settimane fa. Riemergo dopo 219’ con il ginocchio sinistro che continua a farmi male ma che, fortunatamente, non mi crea problemi per la decompressione.

Mercoledì mattina è completamente diversa dalle solite: Ivan, il gestore delle grotte, ha organizzato per le ore 11.00, un incontro con i ragazzi di un liceo di Bassano: tema, la speleologia subacquea e l’esplorazione.

Mi affretto a prepararmi le bombole per giovedì, a mettere in carica il maialino, ecc. mentre il buon Jean Jacques è costretto a ritardare i suoi preparativi perché si mostrerà ai liceali in tutto il suo splendore. Come al solito, i cameraman si dedicano a riprendere tutto il riprendibile.

La classe arriva puntuale e dopo una piccola introduzione da parte di Ivan, viene accompagnata al nostro campo. Ci sistemiamo tutti sulla piattaforma di legno che si trova in riva al lago dove, dopo avere raccontato brevemente la storia delle esplorazioni delle sorgenti dell’Oliero e dato qualche cenno sul fenomeno carsico, ho il piacere di mostrare le mie attrezzature poco usuali; verso le 12.30, infreddoliti quanto basta, entriamo nella grotta non solo per scaldarci, ma soprattutto per visitarla e vedere Jean Jacques partire per la sua immersione a scopo topografico.

Non appena Jean Jacques sparisce alla vista, ci rechiamo tutti nel locale riscaldato utilizzato come bar e negozio di souvenir, per vedere il video girato questa estate a Castelcivita nella sorgente del Mulino. Una raffica di domande, poi ognuno per la sua strada: i ragazzi tornano a Bassano, io torno all’ingresso della grotta a finire lavoretti e ad aspettare Jean Jacques. Riemerge dopo 150’ felice di aver terminato la topografia della zona a -60m.

Giovedì veniamo raggiunti dopo colazione, da Francesco e Gp e dai soliti simpatici “ceffi” della ASSO che immancabilmente ci importunano con le loro telecamere. Il freddo si è attenuato e con qualche raggio di sole che verso le 9.30-10,00 raggiunge la tenda, la primavera si avvicina.

La mia attrezzatura è già pronta e sono costretto ad inventarmi qualche cosa da fare per aspettare l’ora a me congeniale per immergermi: le 12.00 circa.

Oggi ritorno alla frana perché voglio ricontrollare la zona ed essere sicuro di non aver trascurato nulla. Ormai sono come un automa: ripeto le stesse operazioni da diversi giorni cioè indosso la muta, metto l’attrezzatura, salgo sul maialino, supero il laminatoio, percorro i 2050m a cavallo del mio fedele compagno meccanico, lo lascio sul fondo, risalendo inizio la deco e nel mentre mi infilo in tutte le aperture possibili, sopra la mia testa spesso ci sono enormi massi che se nell’improbabile possibilità si dovessero spostare mi ridurrebbero una sogliola.

In alcuni punti sono costretto a fermarmi perché l’attrezzatura sulla schiena, seppur piccola, non mi permette di infilarmi negli anfratti. Risalgo fino a -9m, incontrando ancora un paio di protei; sia a destra che a sinistra non riesco a seguire la corrente ma non voglio rassegnarmi. Inutile: dopo aver controllato tutto il possibile con questo tipo di attrezzatura, decido di abbandonare ogni tentativo e di iniziare il rientro.

Mi fermo a 1450m, lascio il maiale, attacco il filo e attraverso la galleria fino a raggiungere un’enorme cono di argilla che avevo notato in altre occasioni; inizio a risalirlo ma dopo circa 30m dal filo principale sono costretto a fermarmi perché nessuna prosecuzione si presenta dinanzi a me. Ritorno al maialino, attacco a rimorchio il maialino di soccorso che avevo lasciato qui all’inizio della settimana con due bombole da 20l e riprendo la via del ritorno. A 1250m sosta per scaricarmi delle attrezzature; deposito qui il maialino con una bombola da 20l di soccorso per la prossima immersione.

Il rientro è veloce fino a raggiungere la bombola da 15l a circa 800m dall’ingresso che sostituisco con una da 20l: la porterò fuori dal momento che non serve più in questa zona. Eccomi alle tappe deco dopo 125’: ricevo le visite di Francesco e Gp e dopo 250’ riemergo.

Venerdì. Considerato che le immersioni sono sempre più corte, i lavori di manutenzione sulle attrezzature e la preparazione delle bombole quasi inesistenti, e la nostra volontà sempre più ridotta, ci ritroviamo alle grotte verso le 10.00. Jean Jacques è scatenato: oggi utilizzerà il mio maialino ed è pronto a continuare la topografia. Indossa la sua vecchia muta con i guanti incorporati per stare più al caldo, ma si accorge che il collo è diventato talmente rigido da essere quasi fastidioso. Continua a prepararsi caparbiamente anche quando gli dico che mi sembra sia diventato un “puffo blu”; indossa il circuito ed entra in acqua con la speranza che il neoprene si ammorbidisca un poco. Si addobba con le varie bombole e la placca per topografia e parte: sono le 12.30.

Gp ed io dopo averlo visto partire poco convinto, rimaniamo sulla barchetta ad osservare le sue luci;infatti poco dopo averlo visto arrivare sul fondo del lago, lo vediamo risalire. Si lamenta per il collo è troppo stretto che non gli permette di respirare. Lo aiuto a spogliarsi delle attrezzature con una certa celerità, poi tra un sorriso e una risata usciamo dalla grotta.

Poco prima di entrare nella tenda per cambiarsi mi domanda se è il caso che si cambi la muta e ritorni di nuovo in acqua. Per me va bene comunque, visto che c’è tempo anche sabato per topografare, ma lui decide di cambiarsi ed alle 13.30 finalmente parte.

Gp andrà a trovarlo per verificare che durante la deco vada tutto bene e nell’attesa si sprecano le chiacchiere a proposito di circuiti chiusi, maialini e attrezzature varie.

Jean Jacques riemerge dopo 150’ contento del sul lavoro di topografia: ha raggiunto i 1100m, ha lasciato un moschettone in maniera tale che il prossimo anno ci possiamo ricordare da quale punto iniziare la topografia.

Sabato. Giornata gratificante dedicata alle provviste: andiamo a comperare vino, formaggio, ed un sacco di cibi stuzzicanti.

Domenica è l’ultimo giorno di immersione della spedizione.

Il mio obbiettivo è quello di dare uno sguardo nella sala a 1250m dall’ingresso. Entriamo nella grotta e raggiungiamo il punto dal quale normalmente parto, infilo le pinne ma mentre tiro il lacciolo si rompe; di corsa Cicici va a recuperarne uno fuori e non appena sostituito, mi infilo le pinne e continuo la mia vestizione; mentre infilo i sotto guanti ne cade uno in acqua: di nuovo Cicici esce a recuperarne un altro. Si parte bene!

Non appena messa la testa sotto acqua, parto come un fulmine. Durante la progressione mi accorgo di avere la PPO2 alta e siccome non mi spiego il perché, decido di fermarmi per fare una verifica: i sensori funzionano tutti e tre perfettamente per cui mi tranquillizzo. Raggiungo la sala a 1250m, la profondità è di -50m, lascio il maiale grosso, prendo il materiale che ho lasciato nella grotta tutta la settimana e lo preparo per essere agganciato a rimorchio. Per spostarmi rapidamente nella sala decido di utilizzare il maialino piccolo. Attacco il filo al masso, cavalco il maialino e mi dirigo verso il lato sinistro della sala: dopo una ventina di metri mi ritrovo su un gigantesco cono d’argilla, largo alla base una quindicina di metri. Quando mi rendo conto della situazione, ho giusto un attimo per decidere di posare il maialino e avanzare con le pinne, prima che si alzi la sospensione. Risalgo il cono d’argilla fino a -35m e mi fermo di fronte ad un fangosissimo passaggio che ha un diametro di 2X2m. Nel fissare il filo su di una asperità, non mi accorgo che con la pinna colpisco una massa d’argilla; uno sguardo verso il fondo e vedo una valanga di fango scivolare giù dal pendio. Il danno è fatto e se voglio avere un minimo di visibilità, devo andarmene alla svelta. Taglio il filo, sistemo lo svolgisagola e il tronchesino ed inizio a scendere: la visibilità non supera il metro. Raggiungo il maialino, aggancio le ultime cose ed inizio il rientro.

Mi fermo a 800m per recuperare la bombola di soccorso e, raggiungendo la solita zona deco dopo 90’, inizio la decompressione lasciando il materiale al di là del laminatoio.

Si alternano a farmi visita, ma soprattutto a recuperare il materiale che ho riportato indietro, Ennio, Cicici e Gp. Quando tiro la testa fuori dall’acqua dopo 170’, vedo alcuni ragazzi operosi del Gruppo Grotte Giara Modon che aiutano a trasportare al di là del lago le attrezzature che per lungo tempo sono rimaste fuori dalla grotta: questo è il colpo di coda degli ultimi lavori che concludono la fase esplorativa di questo anno.

Da ora in avanti il lavoro da svolgere, sarà lo sviluppo del disegno topografico per poter individuare a tavolino, nello studio dello sviluppo planimetrico, ciò che è diventato veramente poco produttivo con la pura esplorazione. Con il supporto degli studi geologici e l’analisi dettagliata della topografia, forse si riuscirà ad individuare il punto da cui riprendere gli interessi esplorativi.

 

Si ringraziano:
Amministrazione Comunale di Valstagna, Archeologia Subacquea Speleologia Organizzazione Gestore delle Grotte di Oliero: Ivan Pontarollo, Gruppo Grotte Giara Modon, Nucleo Subacqueo dei Vigili del Fuoco di Vicenza

Partecipanti:
Alberto Cavedon (Proteo) Italia, Claudio Carnello (Caramella) Italia, Christos Barous (Why not) Grecia, Davide Bernardotti Italia, Dilda Modesto Italia, Ennio Lazzarotto (Enniosan) Italia, Enrico Piva (Maceria) Italia, Francesco Boaria Italia, Giovanni Foti (Gp) Italia, Giuseppe Frison Italia, Jean Jacques Bolanz (Kaiser) Svizzera, Lorenzo Del Veneziano Italia, Luigi Casati (Gigi) Italia, Massimiliano Cicchellero (Cichita) Italia, Massimiliano Valsecchi (Cimabue) Italia, Massimo Ardizoni (Max) Italia, Marc Vandermeulen (Asterix) Belgio, Matteo Bertulessi (Viki) Italia, Michele Modolo (Sarchiapone) Italia, Roberto Delaide Italia, Roger Cossemyns Belgio, Simone Piscitelli (Cicici) Italia

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