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ZRMANJIN BUK 2008
MAJEROVO VRELO Martedì 15 luglio 2008, inizia il mio viaggio in direzione Croazia. Avrei dovuto essere partito già da una settimana ma, un malaugurato furto di documenti e denari subito pochi giorni prima della partenza ufficiale e la necessità quindi rifare carta d’identità, patente, documenti vari ed un po’ di nuovi soldini, mi ha creato non pochi disagi. Con la sveglia alle cinque e l’aria fresca mattutina, mi avvio rimuginando speranze e progetti. Quando raggiungo il confine Croato dopo dodici ore, la vista della mia auto con il grosso carrello giallo e irriverente, stimola i doganieri a farmi accomodare sul lato della strada per accertamenti più seri: fortunatamente sono in possesso di un invito ufficiale del gruppo DDISKF e questo documento agevola le spiegazioni della quantità e particolarità dei materiali, cosicché dopo una serie di semplici domande, vengo ammesso a transitare nel nuovo paese. Le condizioni meteorologiche anche quest’anno ci mettono lo zampino per l’ennesima volta: Tihi mi chiama e mi dice di cambiare destinazione perché nella zona del parco di Risnjak durante la notte, si è scatenato un temporale tanto violento che la sorgente di Kupa è andata in piena, il suo livello si è alzato e la sua visibilità già di solito non eccezionale, si è ridotta notevolmente. La nuova destinazione diventa Otocac dove si stabilirà, nell’albergo ristorante Boomerang, il nostro campo base per poi organizzare le esplorazioni per cercare la prosecuzione di Majerovo Vrelo. Raggiungo la sorgente mentre la sera sta calando, in tempo per godere, sul bordo della vasca, il rosso del tramonto, Tihi mi chiama ancora per avvisarmi che, a causa di un problema al cambio del suo fuoristrada, è impossibilitato ad innestare le marce ed essendo costretto a viaggiare con la prima, arriverà con la velocità di una lumaca fulminata. Mercoledì 16 luglio, è il giorno della prima immersione necessaria per verificare la forza della corrente della sorgente. Mentre preparo le attrezzature, rompo la manetta dello svolgisagola d’emergenza. Quando m’immergo per primo per fissare una corda da 8mm fino alla galleria principale, la corrente mi sembra più forte dello scorso anno perché fatico ad arrivare a -22m nella galleria, dove però la corrente è certamente più debole; riemergo passando per il secondo pozzo che è anche il più facile da percorrere perché, essendo più largo del primo, la corrente è meno forte. Riemergo, giusto per prendere delle bombole ed iniziare a posarle in compagnia di Frf. Lui sistemerà a –6m ed a –21m le bombole da 15 lt. d’ossigeno e di nitrox, mentre io porterò due bombole da 20 lt. necessarie alla progressione, a -30m ed una da 10 lt. contenente nitrox, a -35m. Prima di venire in Croazia mi sono incontrato con Aldo Ferrucci, per recuperare un po’ d’attrezzatura di ricambio del mio Copis ed il tanto sospirato filtro radiale: ebbene, oggi che è la prima volta che lo utilizzo, mi accorgo subito di quanto più confortevole sia la respirazione con questo nuovo filtro rispetto al tradizionale assiale; per di più, nel filtro radiale riesco a mettere 3,6Kg di materiale filtrante, situazione da non sottovalutare nel caso d’immersioni profonde o prolungate. Al rientro, mentre parcheggio l’auto tra le piante del Boomerang, riesco a rompere anche lo specchietto retrovisore; probabilmente sono ancora un po’ stanco del viaggio e di conseguenza un po’ troppo distratto. Giovedì 17 luglio, arriva anche Alen a darci manforte. Il mio obiettivo è di preparare a -70m una bombola da 20 lt ed arrivare nei pressi della risalita, dopo il punto più profondo della galleria ad oltre 400m dall’ingresso, filmando il percorso con la mia nuova telecamera scafandrata da Isotta.. Una volta installato lo scafandro della telecamera sul maialino, non mi resta altro da fare che alleggerire il tutto con i galleggianti: lo scopo è di rendere neutro l’insieme ma verificherò solo in acqua quanto le mie ipotesi siano corrette. Mi accordo con Alen, perché scenda a controllare dopo un’ora dalla mia partenza ed eventualmente, dopo 1h30’ mandi Frf per una seconda visita. Il sole è caldo ma fortunatamente, un leggera brezzolina mi permette d’indossare la muta all’ombra di un tetto e senza sudare troppo. In acqua, mi accorgo che il maialino è troppo positivo, colpa della fretta che non è mai una buona consigliera, e che mi ha impedito di meditare al meglio sul principio d’Archimede. Tolgo alcuni galleggianti dagli elastici che li trattengono, faccio pace con Archimede, ed inizio la discesa; a -10m nel pozzo, accorgendomi che è ancora troppo leggero, sfilo l’ennesimo galleggiante e finalmente sono pronto a partire. Mi accorgo anche di non aver un buon impianto luci, ma purtroppo è quello che ho sottomano in questo momento e me lo devo far andare bene. Mi ero già accorto che i faretti avevano un fascio troppo concentrato ed avevo tentato, con un foglio di plastica, unico materiale trovato in un negozio, di velarli per ammorbidire la luce, ma vedo che il risultato non è dei migliori: perché la grotta ha le pareti molto scure che assorbono la luce e la telecamera è lenta con la messa a fuoco; mi fermo ed inserisco la messa a fuoco manuale ma la gestione della ripresa non è facile perché, supero velocemente le zone strette dove si possono vedere le pareti poi, quando raggiungo ambienti larghi, non c’è nulla da riprendere. Raggiungo la mia meta dopo ben 30’ perché sono stato rallentato dal desiderio di eseguire delle riprese che, in realtà, non avevano ancora tutti i carismi per essere portate a buon fine. Dopo aver raggiunto la fine della galleria profonda ed aver ripreso il filo in risalita, rientro utilizzando quasi sempre solo le pinne come propulsione, in maniera tale di gestire con più facilità il lavoro di ripresa video. Dopo un’ora sono alla base del pozzo a -21m, risalgo e, una volta arrivato nella vasca mi accorgo che Alen è in acqua perché vedo una nuvola di sospensione nella bocca d’ingresso. Purtroppo il fango presente sui bordi della vasca non aiuta, entrando ed uscendo dall’acqua a lasciare limpida l’acqua della vasca se non stando particolarmente attenti ed ancora non basta. Riemergo dopo 110’ dalle acque a 9° della sorgente. Sono impaziente di vedere sul monitor del computer il risultato delle riprese di quest’immersione. Venerdì 18 luglio trascorro la giornata a ripristinare le attrezzature disturbato a metà mattina, da un temporale antipatico e dispettoso. Sabato 19 luglio, la mattina inizia con guai al mio compressore di cui sembra grippato il primo stadio, per cui solo con l’arrivo di Alan in possesso di un altro compressore, si potranno ricaricare le bombole di Alen e Frf, ed io vorrei anche concentrarmi per prepararmi all’immersione: mi piacerebbe risalire il pozzo esplorato l’anno scorso da Jean Jacques per verificare che non ci siano prosecuzioni: allora, pur essendo la visibilità veramente scarsa, Jean Jacques non era convinto dell’assenza di prosecuzioni. Il suo ricordo mi affianca e quando raggiungo la sorgente, mi accorgo, e forse non è strano, di aver dimenticato parte delle attrezzature necessarie per l’immersione; rientro al campo base mentre Alan ed Alen continuano la ricarica delle bombole. I pensieri nella testa rimbalzano da tutte le parti, mi sembra addirittura di non sentirmi in forma e rifletto che mi devo dare una regolata perché mi sembra di non aver nemmeno la solita fame d’esplorazione. L’ultima spedizione con Jean Jacques, poco meno di un anno fa, è stata proprio qui ed ora sono qui io e solo perché la sua amicizia è insostituibile e la sua mancanza feroce. Alla fine mi decido e riesco ad andare in acqua alle 14.00: discesa perfetta o quasi perché il cavo della batteria che porto con me e che avrei dovuto lasciare a -36m pronta ad essere utilizzata al mio rientro per alimentare il giubbetto elettrico, si impiglia nell’elica del maiale; seccato la lascio a –30m (tra –30m e –36m ci sono oltre 50m di galleria) dove prendo la bombola da 20 l. Arrivo al punto dove lascio il maiale dopo 18’a 400mt dall’ingresso e continuo con una risalita; al primo deep stop a -52m mi accorgo che in entrambi i lati di questa frattura c’è la possibilità di esplorare e quindi lascio un elastico per ricordarmi di questo punto fondamentale; risalgo fino alla fine del filo steso da Jean Jacques -31m: da lì è impossibile proseguire. Scendo senza occuparmi della possibilità di esplorare: voglio rientrare. La caduta dai -31m ai -70m è totalmente verticale poi, una decina di metri orizzontali e giù di nuovo fino al maialino. Dopo 80’ sono nel laghetto a -12m e dopo altri 35’ riemergo al caldo dei raggi solari. Domenica 20 luglio. Questa è una giornata di riposo dalle immersioni ma dedicata all’allenamento. Inizio alle 7,30 con un giro in bicicletta di 46km; la temperatura iniziale di 12° mi fa rimpiangere una felpa, ma dopo poco, il sole nascente inizia a riscaldare l’atmosfera ed inizio a stare bene. Nell’attraversare i paesi, sento il profumo delle panetterie e quando mi trovo in mezzo ai campi, annuso odori d’animali domestici, erba tagliata, ecc. Rientrato alla base dopo poco meno di un’ora e mezza, mi rimpinzo di pane miele formaggio e pomodori. Arriva Moonlight e parte Frf. Il resto della mattinata lo trascorro preparando i materiali per l’immersione del giorno seguente. Il clima è piacevolmente caldo e nel pomeriggio con Moonlight vado a Senj, al mare, dove mi ristoro con una nuotatina di oltre 2km. Qui l’acqua è più fredda e meno salata che altrove grazie alle molte sorgenti del soprastante massiccio del Velebit che gettano la loro acqua sotto il livello del mare. Lunedì 21 luglio, inizia con una abbondante pioggia già dalle sette del mattino tale da preoccuparmi. La sorgente di Majerovo Vrelo infatti, è molto sensibile e reattiva alle piogge, il che significa che c’è il rischio di non avere il tempo di recuperare le attrezzature all’interno della grotta. Mentre mastico la colazione, medito di portar fuori la bombola da -70m di profondità e di lasciare nella grotta le decompressive, più facili da recuperare in caso di piena. Inizio a tribolare montando la telecamera sul maiale: utilizzo dei fari che mi sono stati prestati, ma sono in condizioni pietose perché tutti gli o-ring sono da pulire ed un contatto si è scollegato; fortunatamente ho con me un saldatore a stagno ma tutto questo mi fa perdere un sacco di tempo. Una volta terminati i maneggi, mi accorgo che sono molto più limitato di quello che pensavo nell’uso dei fari a causa dei cavi d’alimentazione troppo corti. Verificando il mio Copis, mi accorgo che la bombola d’emergenza di ossigeno è rimasta con soli 30bar dei 250bar iniziali; la causa è una perdita dal primo stadio. Sostituisco l’o-ring ma dopo un’ulteriore verifica m’accorgo che anche un secondo o-ring perde notevolmente ma, cercando tra le montagne di ricambi che ho con me e non trovandone uno delle stesse dimensioni, sono costretto quindi a cambiare il primo stadio. Verifico le batterie del giubbetto elettrico e mi accorgo che una non funziona: il problema si trova nella spina del cavo, anche qui sono costretto a sostituire il pezzo. Si è fatta l’una meno venti quando saliamo in macchina per raggiungere la sorgente. Non piove più e ci sono 18 gradi cioè l’ideale per indossare la muta ma, non per restare a regolare l’assetto del maialino con le gambe nude nell’acqua a 9° della sorgente. Quando mi chiudo nella muta ho quasi freddo, e non sono sudato nemmeno un po’. Alan ed Alen filmeranno la mia partenza mentre Moonlight mi darà assistenza al rientro. Entrando in acqua, mi accorgo che la visibilità è leggermente diminuita e la corrente aumentata rispetto a due giorni prima. Una volta recuperata la bombola da 20 l a -30m, mi lascio alle spalle gli operatori e, facendomi tirare dal maialino, avanzo verso il punto d’esplorazione. Anche il contatto elettrico del maialino fa il matto, costringendomi un paio di volte ad utilizzare lo stacca-batteria per fermarlo; alla fine m’accorgo che è la manopola d’emergenza, non nella giusta posizione, che mantiene chiuso il contatto del relè. Dopo 16’, inizio il percorso in risalita che dai -90m mi porta a -52m e qui attacco il filo dello svolgisagola iniziando a stenderlo. Una decina di metri orizzontali per raggiungere il restringimento ed una volta varcata questa specie di finestra, mi ritrovo in una grossa sala, larga una decina di metri, alta abbastanza per non riuscire a farmene un’idea e lunga, dopo averla percorsa, una ventina di metri. In direzione del punto più lontano, scorgo un gigantesco scivolo ricoperto d’argilla modellata dai secoli da cui, pur subendo un’attrattiva quasi irresistibile me ne sto a distanza di sicurezza. Lo scivolo è lungo almeno 10m e largo una decina alla base restringendosi verso l’altro: mi ricorda la forma di una slavina. Inizio a risalire verticalmente ma ahimè, la visibilità è deteriorata dalle poche bolle che emetto e che staccano l’argilla presente ovunque. Verso i -30m mi sposto ancora un poco in orizzontale: sopra di me il soffitto sembra chiuso e la roccia da marrone scuro cambia completamente e diventa chiara; risalgo ancora un po’ ma non sono tranquillo perché la nebbiolina dovuta all’argilla in sospensione, mi suggerisce di essere circondato da strane forme. Lego il filo a -15m e qui, dopo 77m d’esplorazione, la roccia si sgretola al contatto delle mani come ci fosse una forte erosione chimica sulle rocce e come se l’acqua fosse più acida che nel resto della grotta. Mi lascio cadere verso il basso attento a non urtare le pareti, per non peggiorare ulteriormente la visibilità. Eccolo sotto di me il mio bel maialino che mi porterà verso l’uscita della grotta: lo impugno, riaccendo la telecamera che sembra funzionare e rientro, aiutato anche dalla corrente che in questa zona è abbastanza sostenuta. Recupero la bombola dai -70m, esito anche a prendere quella dei -36m ma poi “fiducioso” nelle previsioni dei prossimi due giorni decido di lasciarla. Arrivo alla base dei pozzi dopo 80’, e quando arriva Moonlight, mi mancano ancora 45’ prima di riemergere dall’acqua e trovarmi nel vento freddo che sta spazzando la pianura. Martedì 22 la giornata inizia nuovamente con una pioggia fitta ed una temperatura di 12° che mi tolgono ogni velleità di andare in bici. Poco male perché devo riparare un faro e poi insieme a Moonlight devo sistemare il resto del materiale, mettere in carica le batterie, mettere i sottomuta e la muta ad asciugare, riparare il corrugato della muta che si è rotto, ecc. Alan ed Alen vanno ad immergersi a Majerovo; riferiranno poi che la corrente era leggermente aumentata e, considerato che le previsioni danno peggioramento per i prossimi giorni, il giorno seguente sarà l’ultima immersione di quest’anno. Mercoledì 23, ultima immersione a Majerovo, durante la quale spero di riuscire a continuare la risalita e d’effettuarne la topografia. Siamo tutti pronti prima del solito, anche se l’infinita serie di piccoli problemi che continuano a sorgere, non è ancora terminata. La giornata è ideale per prepararsi all’immersione, con la temperatura di 12° ed il sole nascosto dalle nuvole. Alan ed Alen si preparano prima di me per filmare il mio ingresso nella grotta. Moonlight verrà a verificare che tutto proceda bene ed a recuperare il materiale che riporterò, tornando dall’esplorazione. Quale delizia non sudare mentre indosso la muta, con il sole che va e viene: in un attimo sono pronto ad indossare il mio Copis. Alan ed Alen spariscono sotto la superficie dell’acqua mentre io termino la vestizione, recupero il maialino ed inizio l’immersione. A circa dieci metri di profondità, quando intravedo le luci della telecamera di Alan, avanzo utilizzando il maialino per contrastare la corrente ed alla base del pozzo, mi fermo un attimo per permettere ad Alan di anticiparmi a -30m dove recupererò la bombola relè. Accecato dalle luci dei fari della telecamera, prendo la bombola ed inizio a percorrere la galleria. Per agevolare il lavoro di Alan, voglio accendere anch’io i fari della mia telecamera che però non vogliono saperne ed in un attimo di nervoso, strappo telecamera e fari dal maialino, li consegno ad Alen e me ne vado. Sono talmente rapido che, comprese le soste, arrivo alla base del pozzo a 400m in 14’; mentre risalgo, preparo la placchetta per la topografia e lo svolgisagola. A -54m inizio a prendere i dati necessari per rilevare la salita e la decompressione trascorre veloce, essendo impegnato a scrivere. Una volta arrivato alla fine del filo, riposiziono la placchetta, attacco lo svolgisagola ed inizio la nuova esplorazione. Risalgo ancora in un ambiente tetro fino a 9m, ma mi ritrovo in una zona cieca. Probabilmente avrei dovuto spostarmi sulla destra ma a questo punto, la visibilità è pregiudicata e sono costretto a rientrare. La discesa che mi riporta al maiale a -90m, è impressionante e rapida. Il maiale è lì che mi aspetta, lo prendo e via verso l’uscita: nella galleria sono spinto dalla solita corrente ma la velocità è decisamente superiore. In decompressione incontro Moonlight, a cui consegno le due bombole da 20 lt., la bombola da 10 lt. ed il maialino. Le ritrovo a -21m appese alla corda perché Moonlight, dopo aver verificato che tutto procede nel migliore dei modi, è andato a fare una visita alla grotta. Mentre aspetto di terminare la tappa decompressiva, slego la corda dal masso e spedisco il pacco di materiale alla superficie del lago sfruttando la corrente. All’uscita dall’immersione piove, come lo scorso anno e, dulcis in fundo, la gomma anteriore del mio fuoristrada è a terra, buca. Alen la sostituisce nel tempo che impiego per cambiarmi. Un salto per ripararla, un giro in paese e poi la sospirata pappa con trote, verdure e formaggio. Giovedì 24 carichiamo le macchine per andare ad Obrovac dove venerdì sera inizierà ufficialmente la spedizione Zrmanjin Buk.
KRNJEZA Venerdì 25 la giornata è libera e ne approfitto per svegliarmi presto per fare un giro in bicicletta. La mattinata è fresca e questo è un bene perché in questa zona ci sono diverse salite con pendenze fino al 15%. Trovo subito una ripida salita per uscire dalla valle, poi la strada continua meno ripida fino ad arrivare ad un gruppo di case dove due cani un po’ incavolati, m’inseguono per quasi un chilometro e mi fanno stabilire il personale record di velocità in salita. Per il resto, il giro finisce al sessantunesimo chilometro di cui la metà di salite impegnative. Alla sera ci s’incontra con un gruppo speleo ungherese al ristorante, dove è stata organizzata la cena d’inizio della nuova meta della spedizione e si festeggia anche il compleanno di Tihi. Sabato 26 in tarda mattinata saltiamo sulle auto per raggiungere il punto dove c’imbarcheremo sulle canoe per raggiungere la grotta. E’ da molto tempo che i miei sogni sono in sintonia con quelli degli amici Croati e precisamente dal giorno in cui, due anni fa, ho visto il canyon e l’ingresso della grotta. Una parte del gruppo, quella secondo me più sfortunata, andrà a piedi, gli altri me compreso, con tutto il materiale andrà con i kayak, via fiume. Appena partiti, mentre la canoa fende l’acqua, vedo una biscia saltare da un ramo di una pianta in acqua e sparire tra la vegetazione, poi è la volta di una tartaruga che s’immerge scendendo da un tronco, aironi grigi, martin pescatore e qualche falco riempiono il cielo, oltre naturalmente ad innumerevoli rondini e uccelli di vario tipo che completano il suono dello sciabordio delle imbarcazioni, con i loro stridii. Arriviamo alla grotta dopo il gruppo che è andato a piedi: il nostro tragitto è durato due ore mentre i “terrestri” hanno impiegato 1h e 30’. Tuttavia la progressione sul fiume è notevolmente più sicura e confortevole del percorso a piedi perché, via terra, ci sono oltre 200m di dislivello da scendere su di un pericoloso ghiaione e, la salita ripida che segue, è molto faticosa. Siamo un bel gruppo di Croati, Ungheresi e Italiani. Dallo sbarco, abbiamo ancora mezzo chilometro di saliscendi sui massi sul fondo della valle ma, visto che siamo in tanti e che il numero fa forza, il peso delle attrezzature ben distribuite fra noi, quasi non si sente. Fortunatamente l’acqua del sifone è ad una ventina di metri dall’ingresso e c’è spazio in grotta per cambiarsi al fresco. All’interno del gigantesco androne, largo una decina di metri ed alto una ventina, vive beata una colonia di pipistrelli ed i biologi del gruppo ci precedono per registrare le loro chiacchierate; noi speleo e speleosub aspettiamo che finiscano il loro lavoro di spionaggio poi, giusto il tempo di posizionare le attrezzature sul bordo dell’acqua, preparare il rebreather e via, salto dentro. Alen, che ha l’incombenza di posizionare le bombole d’emergenza a -6m ed a -21m, partirà 15’ dopo di me. Io sistemerò una bombola a -36m e tengo con me due bombole da 20 l. per l’esplorazione. Alan, che ha esplorato precedentemente per un centinaio di metri, mi ha anticipato che la grotta è gigantesca e che probabilmente scende in profondità. L’acqua appare torbida e questo è un deterrente ai fini esplorativi ma, dopo qualche metro, la visibilità migliora tanto da poter vedere bene a cinque metri di distanza tuttavia, le dimensioni della grotta sono tali, che anche cinque metri non sono sufficienti per trovare facilmente la prosecuzione. Evito di scendere nel primo pozzo che incontro, evito anche il secondo e dopo circa 50m di progressione mi trovo a -21m; da qui non posso far altro che spingermi verso una maggiore profondità. A -36m lascio la mia bombola da 10 l., e qui nuovamente devo scegliere in quale dei due passaggi che mi si presentano è meglio infilarmi. Scelgo quello che teoricamente, mi sembra sia in direzione dell’interno della montagna: -….sono in una frattura e non è facile seguire una morfologia logica….- Proseguo la discesa tra massi ricoperti di argilla ma, fortunatamente con il mio rebreather Copis, non emetto bolle d’aria che sicuramente contribuirebbero a ridurre la visibilità. Raggiungo i -55m e mi trovo, ormai a 120m dall’ingresso, in una saletta completamente chiusa; risalgo fino a -36m, attacco nuovamente il filo e via nel secondo passaggio dove raggiungo i -40m, poi la galleria inizia a risalire. Sono ancora nella frattura dove salgo fino a -17m dopo aver steso altri 50m di nuovo filo ma, il passaggio si restringe e ci sono dei massi bloccati tra le pareti sopra di me: devo scendere per trovare un ancoraggio ed attaccare il filo qualche metro più sotto. Girando di qua, girando di là, sono un po’ sfiduciato perché non so decidere dove indirizzarmi per andare a cercare e la visibilità in diversi punti è molto ridotta. In risalita recupero la bombola da 10 l e la porto a -21m, riattacco il filo e mi sposto verso il soffitto della frattura: salgo lentamente fino a raggiungere la superficie, e caccio fuori la testa in una grossa sala di una ventina di metri d’altezza per una decina di larghezza. Rimanendo in acqua mi spingo un po’ più avanti e dopo qualche metro, il nero che si allarga sotto di me mi attira: mi sono convinto che la prosecuzione deve essere a poca profondità perché le pareti sono pulite dall’argilla mentre, oltre i -30m, ne sono ricoperte. Ancora una volta devo scendere in un ambiente talmente grande da non dare la possibilità di vedere la parete alla mia sinistra poi però, a -44m, sono di nuovo costretto a fermarmi perché non si passa più. Un po’ deluso, è passata più di un‘ora, decido che l’esplorazione per il momento è conclusa e faccio dietro front: Moonlight mi starà aspettando in deco ed infatti lo incontro a –21m; un ok con la mano e continuo la mia risalita. In totale ho steso 305m di filo di cui 200m per la nuova esplorazione. Termino la mia immersione dopo 95’: Tihi è soddisfatto del risultato io un po’ meno, perché sono consapevole di non aver trovato nessun passaggio soddisfacente per risultati più grandiosi. Lasciamo tutta l’attrezzatura sul posto e rientriamo: due ore di canoa ci aspettano e naturalmente lungo il tragitto scateno una guerra di spruzzi tanto è, che sono soprannominato dalle fanciulle completamente bagnate, “angel Gigi”. Arriviamo al campo alle 20, ceniamo, qualcuno fa festa con specialità alcoliche di diversi paesi, Croazia, Ungheria, Romania altri, fra cui anch’io, vanno a nanna. Domenica 27, Moonlight rientra portando con sé il compressore rotto, lo lascerà a Chiara che a sua volta lunedì lo porterà a riparare. Lo riporterà mercoledì il Pifferaio. Una parte dei gruppi speleo si dedica all’esplorazione di una grotta senza sifoni, mentre un altro gruppetto ridotto, torna con me alla grotta anche se, quasi tutto il materiale è già là. Siamo in 12 di cui sei fanciulle, naiadi inviate dai boss dei gruppi, per portare fortuna alla mia immersione. Devo ancora far asciugare l’interno della muta ed i sotto-muta, che ho abbandonato nel sacco speleo, dopo l’immersione. Fisso una corda sulla quale poter stendere questi “panni” ed un po’ per volta arrivano i volontari portando pezzi vari d’attrezzature. Assemblo il Copis con i bombolini carichi e mi preparo a partire. Alen e Frf entreranno in acqua un’ora dopo di me per controllarmi durante la decompressione. Ho talmente poca speranza di raggiungere grandi risultati e di stare immerso per lungo tempo che, pensando di non aver bisogno di far pipì, non indosso nemmeno il preservativo all’uopo. Parto perciò con un solo venti litri e raccolgo, una volta arrivato a -21m, la bombola da 10 l. Raggiungo la superficie nella sala del giorno prima e stavolta la percorro sulla sinistra fino in fondo dove attacco il filo ad uno spuntone e mi lascio cadere giù. Un salto verticale di 40m ma alla fine, mi ritrovo sul filo da me posato precedentemente; risalgo spostandomi sperando di trovare una galleria ma, nulla. Avvicinandomi alla superficie, intravedo un passaggio stretto che porta in una zona asciutta non molto grande. Raggiunta la superficie, ogni tanto mi lascio andar giù fino a -20m, per verificare se per caso, esista qualche prosecuzione nascosta: niente da fare. Ritorno a -21 sulla bombola da 15 l e mi calo nel buco che torna in direzione dell’entrata; a -40m, quando vedo il filo da me posato il giorno prima al secondo tentativo, sono rassegnato a ritornare nella zona già percorsa. Lascio il 10 l. a -35m e continuo cercando prosecuzioni a sinistra,quando finalmente eccone una. Sono a -40m attacco il filo e parto: evviva, continua! Tra l’argilla, percorro una specie di galleria, qualche passaggio stretto fangoso che sembra chiudere poi, svoltato l’angolo, riesco ad avanzare. Risalendo a -30m, raggiungo una strettoia che, al di là, sembra allargarsi. Mi ci infilo ma, ahimè, una volta arrivato a -24m dopo 80m, mi trovo in una stanza chiusa. Rientro sempre più demoralizzato, rimanendo ben attaccato al filo che altrimenti potrei perdere a causa della poca visibilità finché sono ancora nella frattura da dove sono partito. A -45m rivedo il piccolo passaggio sulla mia sinistra, che vado a controllare: è largo 80cm circa ma, dopo 5m, eccomi in un ambiente grande che scende: questo mi fa preoccupare perché penso sconsolato che finisca come gli altri. A -60m sono in una zona che prende la forma di una condotta forzata e ciò è un fatto nuovo, che mi stuzzica a proseguire ancora un po’. A -70m la parete si piega a gomito e sono curioso di scoprire cosa ci sarà dietro: vado e trovo una condotta forzata con un diametro di 5-6m che parte orizzontale; forse è quella giusta finalmente. Depongo il mio svolgisagola pronto ad essere ripreso alla prossima esplorazione, e torno indietro: ho steso solo altri 70m di filo nuovo ma ora sono veramente felice perché credo di aver trovato il passaggio giusto che mi porterà nel sistema. Ritrovo Alen e Frf a -35m, segnalo che va tutto bene, loro risalgono ed io mi godo il torbido lasciato dalle bolle dei loro circuiti aperti. Riemergo dopo 119’; il tempo di smontare il Copis, sistemare le cose e via di nuovo sulle canoe. Un po’ stanco, non ho voglia di scatenare la guerra degli spruzzi ma a metà del percorso vengo brutalmente provocato con gocce di acqua in faccia e poiché ciò mi rigenera, i combattimenti hanno inizio: praticamente rientriamo tutti completamente fradici. Al campo, cena e canti. Lunedì 28 giornata di riposo: esco in bicicletta e mi limito a percorrere 40km perché le gambe sono dure e non vanno come dovrebbero; durante la pedalata rifletto che le salite sono come la decompressione durante la quale me ne posso stare a pensare, mentre le discese sono l’esplorazione subacquea, cioè non mi danno tempo di guardarmi intorno perché la velocità è alta come la concentrazione. Aggiungo una lunga nuotata al mare e mi rilasso totalmente. Domani spero sia una buona giornata e perciò chiudo gli occhi sognando una bella esplorazione. Martedì 29 la remata mattutina in canoa è un divertente toccasana per l’umore e lo stress; raggiungendo la grotta per primo, ne approfitto per far prendere un po’ di sole alla muta per toglierle l’umidità e devo allestire il Copis. Quando è finalmente tutto pronto è già pomeriggio: prendo con me le due bombole da 20 l e parto. Pinneggio tranquillo e determinato, fino a raggiungere il pozzo che mi porta a -70m e dove posso fare una pausa: la visibilità sembra leggermente migliore anche se comunque non si vedono le pareti intorno. Raccolgo lo svolgisagola che sta dietro la curva ed avanzo in questa magnifica galleria di forma ovoidale per circa 40m; raggiungo un altro pozzo, mi trovo a -73m dove lascio una bombola da 20 l contenente un 19% di ossigeno. Da questo momento mi sento più libero così, scendendo ancora passo in una galleria che cambia nuovamente morfologia. Sembra una frattura che percorro fino a -90m dove questa si restringe bruscamente diventando larga un metro e alta un paio. Fortunatamente essa subito dopo, sembra riprendere forme ragguardevoli ma non scende oltre i -98m; continuando, salgo ancora di poco fino a -80m dove non ci sono passaggi. Ritorno a –73m, dove, mentre prima lasciavo la bombola ho avuto l’impressione di un bivio, riattacco il filo e vado nella direzione di mio interesse ma, dopo una decina di metri, nulla, tutto chiuso. Ritorno a -80m e percorro il soffitto di questo pozzo, mi infilo in una stretta frattura per una ventina di metri ma nulla, non mi resta altro da fare che ritornare a -98m e provare a risalire uno stretto camino osservato mentre rientravo. Dal punto più adatto per attaccare il filo, riprendo la mia risalita nel camino che ha un diametro di un metro e mezzo con molta argilla all’interno: mi muovo piano piano cercando di non far danni alla visibilità e quando a -70m le dimensioni diventano impossibili, capisco che non vale la pena proseguire. Tagliato e legato il filo, scendo con visibilità zero e per questo mi impiglio più volte nelle rocce fino a quando raggiungo la zona larga con visibilità decente. A malincuore dopo 45’ riprendo la risalita verso le tappe decompressive, a -35m recupero una batteria ed aspetto la puntuale visita di Alen e Frf con la seconda batteria. L’immersione finisce dopo 183’. Sosta all’uscita della grotta, spuntino, salto in canoa su per il fiume. Mercoledì 30 mattina ci passiamo le foto, chiacchieriamo, andiamo al mare a Novalja sull’isola di Pag, meta di un turismo giovane di massa: 200km di strade fortunatamente non intasate dal traffico. Sul posto però, la quantità di persone sparse nel parcheggio spaventa noi frequentatori del buio e della tranquillità per cui scegliamo subito un posto più tranquillo. Meglio la sera, quando rientriamo: il bagno nelle nostre adorate pozze d’acqua dolce, complete di cascatelle, ottime per il relax. Giovedì 30. L’immersione d’oggi la dedicherò al rilievo topografico essenziale per avere una traccia dell’andamento della grotta: spero, durante il lavoro, di scovare qualche passaggio esplorabile per il futuro. Scelgo di iniziare con la galleria che porta nella zona profonda e che è la principale in questo piccolo sistema. In un’ora, riesco a svolgere il lavoro fino a -75m, osservando un paio di possibilità esplorative. Risalgo fino a -21m e da qui riparto con un nuovo foglio, per topografare l’uscita dal sifone, la sala aerea ed il secondo sifone. Pur non essendo in esplorazione, le regole per la decompressione valgono in ogni modo perciò, durante la risalita, sono costretto a fermarmi. Poco male, perché queste pause mi offrono l’opportunità per gironzolare ed annotare un po’ di dettagli riguardanti la frattura dentro la quale mi trovo. Terminata la deco, ritorno in superficie, proseguo nel mio lavoro in un’altra parte subacquea, ridiscendendo a -40m. Un’altra volta fuori dall’acqua, disegno altri dettagli della parte aerea, poi di nuovo giù fino a -21m dove recupero le bombole di emergenza ed inizio l’ultima risalita cioè quella che mi riporterà all’ingresso della grotta. A-15m incrocio i fari di Alen e Frf e, dopo 120’ riemergo. Abbandoneremo questo luogo solitario e suggestivo per puntare verso altri lidi. Con calma ricercata smontiamo il campo e prepariamo i sacchi da caricare sulle canoe. Il Pifferaio ed io, che siamo soli sulle canoe e perciò più lenti, ci avviamo per primi: il vento ci aiuta spingendoci alle spalle, con lunghe e violente folate. Sei canoe sono necessarie per trasportare tutte le mie attrezzature ed il resto dei materiali; rimane qualcosa di Alen e Frf che domani, daranno l’ultimo tocco ispezionando il laghetto che si forma prima della grotta. Venerdì 1 agosto Il Pifferaio ed io carichiamo le bomboline del mio Copis, portiamo ordine tra i materiali sistemandoli nel carrello e nelle auto, sotto il sole cocente che ci arrostisce; arrestiamo la cottura gettandoci a mollo nelle acque del fiume Zrmanja.
KUPA Sabato 2 partendo dal nostro campo alle 8 del mattino, abbiamo un appuntamento a Crni Lug per un’intervista alla televisione verso fine mattina. Da percorrere ci sono oltre 200km di cui una parte di statali a causa della chiusura di un tratto dell’autostrada. Al paese, ci aspettano nei pressi del laghetto formato dal fiume Kupa. Sul luogo, si tiene una manifestazione comprensiva di lancio con paracadute e competizione di nuoto: ci presentano al pubblico, ci intervistano poi, siamo liberi di raggiungere Gerovo. Melita, Frf, Alessandro ed io, troviamo lì Moonlight che è arrivato dall’Italia in anticipo. Lasciamo in una proprietà il carrello e, con le sole auto, andiamo a Kupari nostro campo base dove ci prepariamo ad un primo trasporto: un pezzo di strada sterrata che percorriamo con il mio fuoristrada, poi circa mezzo chilometro di percorso abbastanza comodo da fare a piedi. Trasportiamo due bombole da 15 l e quattro bombole da 20 l. Finalmente con il buio, arriva il momento di andare a dormire. Domenica 3 ci sarà la prima esplorazione nella sorgente del fiume Kupa: Izvor Kupe. Frf è stato costretto ad andare a casa per problemi di salute e Melita sua compagna lo segue: rimaniamo il Pifferaio, Moonlight ed io. In acqua andiamo il Pifferaio ed io: la visibilità non è delle migliori e lo si capisce già guardandola da fuori. Parto per primo stendendo il filo vicino alla corda lasciata da un gruppo di Croati e Sloveni venuti a fare immersione un mesetto fa. Come già previsto la visibilità è di 2m. Nel pozzo scuro seguo la corda che mi hanno chiesto poi di recuperare, fino a che raggiungo il fondo a -65m e da qui proseguo in forte pendenza fino a -75m dove termina la corda con una coda di filo bianco ed un piombo. Poco più lontano appare un filo abbandonato al suo destino che fluttua, dopo essere stato tagliato dalla corda: lo seguo a debita distanza dal momento che non è fissato da nessuna parte, nemmeno là dove s’interrompe a -85m. Non ci si vede nulla ma, potendo seguire il fondo, continuo a scendere tra massi e ghiaia in un luogo dove non è facile fare ancoraggi perché i massi sono lisci ed il filo ne scivola via con estrema facilità. Quando il lato sinistro della galleria mi appare dopo una ventina di metri di progressione, mi sposto verso il centro dove credo sia più alta la volta, la mia vista si annebbia ma è solo un lato della maschera che si è appannato ed è molto seccante in un ambiente di questo tipo, con la temperatura dell’acqua di 7 gradi ed a oltre -100m di profondità. Arrivo in una zona strana con solo ghiaietto sul fondo e neanche un sasso: poco male perché depongo lo svolgisagola per la prossima volta ed inizio la risalita. A -115m, a 180m dall’ingresso, risalgo cercando di osservare le pareti intorno ma, con l’acqua così torbida, è pressoché impossibile e, non avendo il filo legato in molti punti, durante la risalita finisco sulla parete di sinistra, piena di tronchi e rami ed oltre, sopra di me, non vedo nulla. Tappa dopo tappa, a -21m arriva il Pifferaio con la batteria per il giubbetto. Almeno da qui in su posso a vedere la luce del sole ed in controluce, alcuni enormi tronchi incastrati di traverso nella galleria: dopo 94’ d’immersione torno fuori. Lunedì 4, giorno di riposo per me, Alen e Gordan che ci hanno raggiunto, faranno un giro in acqua mentre il Pifferaio esplorerà il pozzo vicino a quello sceso ieri da me: verificherà, con una visibilità leggermente migliore, che non ci sono congiunzioni fra i due pozzi, scendendo fino a -59m ad una distanza di 80m dall’ingresso. Martedì 5, già prima di far colazione, scappo a mettere la glicerina nei due display del mio Copis per aumentarne i limiti di profondità, anche se è previsto che già senza modifiche, si possano raggiungere i -150m senza problemi. In questa grotta credo che le sorprese saranno tante ed il mio ottimismo è alle stelle. La glicerina non è molto liquida e bisogna aspettare che tutte le bolle d’aria escano; dopo il primo rabbocco, ho il tempo per mangiare. Torno ai miei display e con l’aiuto del Pifferaio, completo il lavoro: nemmeno una piccola bolla d’aria appare all’interno del monitor ma, accendendo l’elettronica, con sorpresa, mi accorgo che qualche cosa non funziona: la glicerina adoperata non è adatta a questo uso. Telefono a colui che per quanto riguarda il Copis ed il Megalodon è il mio riferimento tecnico, Aldo Ferrucci, che mi dice di pulire via il tutto e di cercare della glicerina non conducibile o dell’olio neutro. Si è fatto tardi e mentre con pazienza ripulisco il tutto, il Pifferaio sale al carrello che è posteggiato a Gerovo, per prendere la testa di ricambio del mio Copis. A mezzogiorno, dopo aver trasportato a spalla il materiale davanti alla grotta, devo ancora preparare il mio Copis. ma fortunatamente il lavoro non è lungo; sistemo tre bombole relè da 20 l, mi organizzo per l’assistenza con il Pifferaio ed inizio a cambiarmi. In acqua, non solo un o-ring di un primo stadio perde e lo devo sostituire, ma litigo anche con la maschera che continua ad appannarsi: mi tolgo irritato casco e maschera e ripeto l’operazione anti-appannamento con una bella sputata e, “io speriamo che me la cavo”. Il Pifferaio sempre efficiente, mi riconsegna veloce la bombola finalmente in ordine e perciò, anche se non vedo Alen che dovrebbe filmare la mia preparazione, mi avvicino alla corda e vado verso il fondo. La visibilità è circa il doppio ma le bolle che credo siano di Alen, e che salgono esattamente intorno al mio filo ed alla corda, m’impediscono la visione e mi rallentano. Alen è a circa -30m in compagnia di Gordan e quando li supero passando al loro esterno, risolvo il problema e posso continuare la mia discesa verso la base del pozzo. Dove il filo parte orizzontalmente, inizio a pinneggiare fino a raggiungere la bombola a -80m rallegrandomi perché, anche se non riesco a vedere tutta la grotta a causa delle sue dimensioni, la visione generale è proprio migliorata. A -100m lascio la compagnia di molti Temoli e la bombola con la placca per la topografia: sono più agile e con minor fatica, raggiungo lo svolgisagola. Il tratto con il ghiaione è molto grande, ed una volta valutata la pericolosità dell’ambiente, la mente ritorna a concentrarsi su come inventarmi un ancoraggio, da che parte andare e se allontanarmi dalla parete che sorge dal nulla sul mio lato destro. Non riesco a fissare il filo sulle poche rocce che sono troppo lisce; a -125m m’impiglio con la pinna nel filo, agilmente mi districo e sono libero. Il filo che sto stendendo non mi piace perché è troppo lasco e me lo trovo continuamente addosso nelle posizioni sempre più antipatiche. Basta! A -135m, a 230m dall’ingresso, lascio lo svolgisagola in dolce attesa e rientro. A -120m, mentre mi alzo per cercare di vedere il soffitto, appoggio le pinne al fondo e provoco una frana di ghiaia che inizia a scivolare sotto di me; fortunatamente la galleria è molto alta e questa situazione non mi preoccupa molto anche se è fastidioso vedere la ghiaia come un fiume, scorrere sotto di me. Eccomi alla bombola dove prendo la placca topografica ed inizio a rilevare direzione, profondità e distanza; in qualche punto vedo la parete, in altri il soffitto poi, mentre effettuo una tappa deco a -90m, mi accorgo che quello che supponevo essere la parete di destra (durante la discesa) non è altro che un grosso masso che misura 8m per una decina: il bello è che della parete nessuna traccia: forse se ci fosse qualche metro in più di visibilità, sarebbe più facile osservare questo gigantesco buco nel calcare. A -24m dopo circa 55’, il Pifferaio appare con una bombola da 7 l di gas respirabile fino alla superficie, la batteria e la borraccia; gli passo le due bombole da 20 l di cui una con un erogatore che perde dalla membrana (altro piccolo incidente), gli scrivo sulla lavagna di tornare dopo 45’ e rimango solo nel pozzo. Torna puntuale con il cambio di borraccia e batteria, scrivo che finirò la deco dopo ulteriori 45’. Dopo 155’ saluto la solitudine e riemergo tra una ventina di persone che si sono trattenute ad aspettarmi. Mercoledì 6, alle 10 del mattino, ci aspettano al centro organizzativo del parco, per una conferenza stampa con tanto di televisione nazionale Croata e di giornalisti. Tihi, il Pifferaio ed io stiamo seduti al tavolo con i rappresentanti del parco e della protezione delle acque del fiume Kupa. Nel pomeriggio ci dedichiamo alla ricerca dell’olio per il Copis ed alla sistemazione di un po’ d’attrezzature. Giovedì 7 tutto sembra filare liscio: alle 10 abbiamo già caricato la macchina, alle 10.30 ci spostiamo verso la sorgente. Per la prima volta in questa spedizione, tutto sembra procedere senza intoppi: sul bordo della vasca preparo il Copis, inserisco il filtro radiale appena preparato, le bombole, la testa, il vuoto, il pieno e verifico gli analizzatori. Sostituiamo l’erogatore sulla bombola da 20 l, prepariamo le batterie, il fornello per il thè, ecc. Quando tutto è pronto vado nel bosco attrezzato di carta igienica a meditare; spero di vedere un orso o una lince, animali comuni in questo parco, ma nulla, la mia mente vede solo il filo da seguire, i tronchi da evitare, quando gonfiare la muta e quando iniziare a pinneggiare, sento già il ritmo dentro. Nulla o quasi nulla mi può fermare ora: raggiungo gli altri, inizio a prepararmi. I lavori da compiere sono definiti, faccio un tuffo in acqua a rinfrescarmi prima di cominciare a sudare troppo e per fortuna che con questa temperatura è facile bloccare ogni stimolo alla sudorazione. Indosso il Copis e finalmente entro in acqua. Raggiungo a nuoto la baia, ad una decina di metri da me, dove il Pifferaio mi passa le due bombole da 20 l che porterò con me al fondo: mi accorgo di aver perso una fascetta da un anti-freeze e la sosta forzata non mi diminuisce la concentrazione che rimane tale da non accorgermi nemmeno che Alen è dietro di me intento a filmare le operazioni. Riaggancio la bombola, accendo i faretti e mi dirigo seguendo il filo nel centro del lago. A -6m una rapida sosta per verificare il funzionamento dei sensori: due perfettamente allineati ed uno leggermente sballato ma nulla di preoccupante. Scendo di traverso fino alla verticale, sono a -12m, mi stacco dalla parete per evitare i tronchi a -20m, giù lo svolgisagola mi aspetta. La valvola automatica d’immissione del trimix nel Copis funziona perfettamente così che devo solo compensare; supero la bombola a -36m, a -55m inizio a gonfiare la muta per rallentare. Perfetto! Arrivo a -63m senza urtare i tronchi, mi lascio scivolare verso il fondo. Il led sul boccaglio, mi semplifica notevolmente la progressione, perché mi comunica costantemente la pressione parziale dell’ossigeno evitandomi di guardare in continuazione il display. Iniziando a pinneggiare con il ritmo preimpostato, la respirazione non si affanna grazie anche a questo spettacolare filtro che la rende incredibilmente semplice. La visibilità è di 4m: rimango alto rispetto al filo, nessuna traccia del soffitto, ma attorno ai -110m rischio di andare a sbatterci improvvisamente contro: da qui al mio svolgisagola giù in basso sulla ghiaia, l’altezza della galleria è di circa 6m, ma delle pareti nessuna traccia. Sulla destra vedo un grosso masso dove cerco di fissare il filo che però scivola via; avanzo tentando di rimanere sulla destra superando qualche sasso e della ghiaia. Il led al boccaglio mi conferma che il flusso dell’ossigeno è regolato perfettamente perché non aumenta la PpO2. A -150m mi si impiglia una bombola nel filo perché non ho più l’abitudine ai fili morbidi come questo. Vedo entrambe le pareti stringersi e sotto di me giacere enormi massi: m’infilo nel passaggio largo 2m ed alto poco più di un metro anche se sembra che qualche metro più in là il passaggio si allarghi, decido che per il momento la mia esplorazione è terminata. Fisso il filo ad una piccola protuberanza del masso, do uno sguardo al computer che segna -154m 17’, ed inizio il ritorno. Il passaggio stretto lungo una quindicina di metri che percorro non è la strada che ho fatto scendendo ma sono consapevole che il filo non ben fissato ai massi, si è spostato seguendomi; questa, in caso di scarsa visibilità è una fra le situazioni più pericolose che si possono verificare perché si rischia di incastrarsi senza possibilità di soluzione. A -120m ho l’impressione che sulla mia destra ci sia una galleria, ma sarà per un’altra volta. Durante le lunghe tappe fonde, mi diletto a vagare a destra ed a sinistra senza però percepire sempre le pareti essendo la galleria spesso più larga di una decina di metri dal filo. Recupero le due bombole a -100m ed a -80m, poi la corda speleo di cui prima detto. A -35m mi ritrovo con cinque bombole da 20 l e 40m di corda speleo da 10mm, a -24m consegno il tutto al Pifferaio e tengo con me solo le due bombole con il nitrox 35% e 50%. Dopo poco più di un‘ora, arriva con il thè, la batteria del giubbetto e la lavagnetta e di nuovo gli affido due bombole da 20 l, appuntamento dopo altri 45’. Altra tornata di cibo e bevande per me e mia richiesta al Pifferaio di far scendere Alen con la telecamera e di organizzare la visita finale di Gordan. Alen arriva senza telecamera ma con la terza batteria ed ancora thè. Gordan mi fa visita quando ormai mancano solo una trentina di minuti alla fine della deco. All’uscita, dopo 209’ un po’ di turisti curiosi e Gordan con indosso la muta è pronto a recuperare dall’acqua le mie attrezzature. Venerdì 8: la giornata scorre tranquilla, con foto scattate, bombole ricaricate, memorie stilate. La sera e la notte, mentre un violento temporale butta acqua a secchiate, i pensieri corrono alle conseguenze che avrà sulla sorgente. Sabato 9: le previsioni non hanno sbagliato nemmeno sulla quantità di acqua che sarebbe caduta; il torrente formatosi sulla strada ha trascinato via i nostri sandali ed il fiume Kupa è diventato marrone e turbolento. A questo punto io, che considero il gioco finito, inizio a preparare le attrezzature da caricare definitivamente, in macchina ma Alen, che non è convinto, inforca la bicicletta e pedala verso la sorgente. Al ritorno, racconta che nel laghetto formato dalla nostra sorgente, la visibilità non è cambiata ma la causa del torbido che osserviamo da dove ci troviamo, cioè a valle, è da imputabile ad una piccola sorgente che sgorga a metà strada tra noi e Izvor Kupe. Piacevolmente sorpresi, a mezzogiorno torniamo alla nostra sorgente perché, a dispetto del tempo, potremo dare un altro bel colpetto all’esplorazioni e stavolta, con Alen e Gordan che faranno le riprese, sarà il Pifferaio che, come facilmente posso immaginare, avrà il piacere della scoperta e del brivido esplorativo.
Relazione del Pifferaio: 09/08/2008 – Dopo il
temporale che ha imperversato per tutta la notte sono già con la testa
parzialmente in Italia. Dal pomeriggio di ieri infatti la pioggia, ampiamente
prevista, ci aveva portato a considerare praticamente conclusa l’esplorazione
nella sorgente di Kupa. Dopo la colazione, infatti, stavo riorganizzando le mie
attrezzature ed avevo anche cominciato a caricarle sulla macchina mentre Gigi
stava scrivendo alcuni appunti sul suo Mac…
Quando termina l’immersione del Pifferaio, all’esterno della sorgente, oltre ai turisti, ad alcuni dirigenti del Parco, sono arrivati gli amici cioè i forti rinforzi da caricare per benino e grazie a loro, con un solo viaggio, possiamo trasportare tutte le attrezzature all’auto. Sebbene la prassi dell’esplorazione sia l’adattabilità a fatiche e disagi, noi siamo anche dei gaudenti: al rifugio ci godiamo cibo e bevande con il coronamento di una gigantesca torta di panna offerta dall’associazione Udruga Kupa per festeggiare il risultato.
Un ringraziamento particolare va:
Agli sponsor:
A chi ha sostenuto la spedizione:
Al gruppo speleologico Szegedi Karszt - és Barlangkutató Egyesület (Szeged Karst - and Cave Research Association) (www.szkbe.hu) Nonché ai due italiani che mi hanno seguito:
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