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CROAZIA 2006

 

La spedizione in Croazia e in Albania inizia con qualche giorno di ritardo a causa della necessità di modificare i circuiti chiusi che durante l’inverno e la primavera passata ho messo a punto. Si tratta di un circuito chiuso laterale e di un circuito chiuso doppio posizionato sulla schiena. Questi due apparecchi hanno funzione diversa: il laterale permette la massima mobilità sia in ambienti stretti che in ambienti di grosse dimensioni, viene trasportato come una bombola relè, la respirazione è più o meno confortevole a seconda del suo posizionamento; mentre il doppio è più difficile da gestire a causa dei volumi sulla parte frontale del corpo ma permette una respirazione decisamente più confortabile rispetto al laterale. Il suo ingombro limita il suo utilizzo alle grosse sorgenti nelle quali non ci sono zone aeree.

Per la messa a punto degli apparecchi sono costretto a fermarmi a Trieste due giorni, mentre Jean Jacques prosegue il viaggio solo verso Racovica punto di incontro con gli amici Croati.

Siamo solo io e Jean Jacques, con noi avrebbe dovuto esserci anche Massimiliano che aveva lottato per ottenere un mese di ferie ma, purtroppo durante la scorsa spedizione alla sorgente Pollaccia ha perso la vita. Da quell’incidente il…..giugno non sono più tornato in una grotta con velleità esplorative, il triste pensiero di un compagno perso in un giorno passato a praticare un’attività che lo attirava particolarmente mi ha frenato non poco. Se la subacquea è diventata da qualche anno un lavoro per me, la speleologia subacquea è da oltre venti anni la mia “droga” la sua mancanza mi rende la vita priva di stimoli importanti. I giorni passano, le ferite guariscono ma, le cicatrici rimangono impresse nella mente, non sarà facile per me, da un punto di vista psicologico affrontare queste esplorazioni ma, è un peso che sento di poter sopportare.

Il 26 luglio  alle 21,30 Nicola ed io finiamo di montare il circuito, carico la macchina e chiamo Lorenzo per capire a che punto della strada si trova, quasi a Venezia, decido di aspettarlo a Trieste per fare il viaggio insieme fino a raggiungere il punto dove allestiremo il campo dal momento che lui non è mai venuto da queste parti e di notte non è facile trovarlo. Considerando che la temperatura dell’aria si aggira attorno ai 35° e che abbiamo lavorato tutto il giorno decido di aspettare Lorenzo in riva al mare dove chiaramente mi organizzo per rinfrescarmi nell’acqua salata del golfo di Trieste. Ore 11,25 dopo aver scambiato i saluti con Alberto e Lorenzo partiamo in direzione Racovica. Arriviamo a una decina di chilometri dalla destinazione e vengo fermato da un poliziotto che armato di laser rileva la mia velocità: 92km/h, il limite in quel punto è fissato a 50km/h. Riusciamo ad arrivare alle 03,05 al punto di incontro, Alberto e Lorenzo devono montare la loro tenda nel prato, mentre io dormo nella tenda montata sul tetto della mia macchina che è pronta per ospitarmi in 30 secondi. Sono talmente stanco che non sento nemmeno il rumore del martello sui picchetti che Alberto pianta, in pochi secondi cado in un profondo sonno.

Il 27 luglio Jean Jacques arriva alle otto al campo, lui si è sistemato in una camera in affitto in attesa del nostro arrivo, un po’ insonnoliti ci prepariamo per la colazione. Incontro Alan uno speleologo croato che è rimasto per aiutarci nella gestione della logistica e dell’immersione, gli altri amici sono partiti tutti per ………..dove hanno organizzato una spedizione esplorativa in alcune sorgenti della zona. Poco dopo mi metto subito a scaricare la macchina e a preparare per l’immersione il mio circuito doppio e il resto della attrezzatura. Sono tutti pronti con largo anticipo su di me, ma non riesco a velocizzare delle operazioni che non possono essere velocizzate più di così. Una volta ricaricata la macchina ci accorgiamo che si è fatta l’una, pensiamo ad andare a mangiare da Sedra il nostro ristorante preferito e poi via fino alla grotta che dista un’oretta circa dal campo. Per raggiungerla superiamo un colle di quasi 800mt di quota, percorriamo un lungo altopiano, vedo una conca che a causa della siccità è verde ma nei mesi invernali e primaverili questa conca si trasforma in un lago ricco di pesce e guarda caso sul lato a nord c’è una grotta che chiaramente con l’arrivo dell’acqua diventa sommersa.

Raggiungiamo la grotta verso le 15 circa, con il mio fuoristrada scendo nel ripido prato la cui erba è alta oltre un metro, per raggiungere la sorgente con le attrezzature subacquee. Dopo aver parcheggiato a non più di dieci metri dall’ingresso, vado a vedere le condizioni dell’acqua e, incredibile è di un limpido raro in questa sorgente. In tre anni che vengo qui ho trovato la sorgente in diverse condizioni: la prima volta in piena, la seconda volta troppo secca con la visibilità ridotta, la terza volta non ci siamo nemmeno immersi per le cattive condizioni e ora.

Sono contento, Lorenzo è venuto fino a qui per fare delle foto e con queste condizioni sarà decisamente più facile ottenere un buon risultato.

Ci prepariamo subito per scendere attorno ai –45/50m, per tentare di fotografare il primo tratto di grotta. Il mio circuito doppio non è leggero e tanto meno facile da indossare, fortunatamente l’acqua è più calda di quello che ricordavo: 17gradi, così posso indossare un sottomuta leggero che mi permetterà di essere molto agile. In acqua con noi oltre alla bombola di emergenza porto una bombola di miscela iperossigenata che ci garantisce una buona deco in caso di un malfunzionamento. Non credo ai miei occhi quando metto il viso sotto acqua, vedo tutto il pozzo di ingresso, bello con erosioni invitanti per uno studio geologico, il tronco d’albero che con poca visibilità sembrava minaccioso ora lo trovo bello, parte dai –3m e scende fino a….., raggiungiamo i –36m dove lascio la bombola di miscela iperossigenata che servirà come emergenza per tutta la campagna esplorativa, Lorenzo da cercatore di relitti ha già notato il carretto a –41m e si precipita a fotografarlo, lo raggiungo, le ruote girano ancora e pensare che si trova lì dal 1936, Alan ci dice: è di qualità austro-ungarica. Dopo 40’ iniziamo a risalire, incrociamo Jean Jacques che scende a portare il resto della linea decompressiva: una dieci litri di ossigeno a –6m, una 12l di miscela iperossigenata 50/20 a –21m e una 15l contenente 25/60 a –60m.

Alan si immerge per prendere contatto con la grotta fino ad una decina di metri di profondità.

Il 28 luglio
Le previsioni annunciano temporali nel primo pomeriggio, dopo aver caricato la macchina ed essere passati a rinfrescarci al fiume Korana ci avviamo verso la grotta. Non appena raggiunto il colle un diluvio si abbatte su di noi, la violenza della pioggia è tale che nel giro di una decina di minuti le strade sono allagate, dai bordi scendono fiumi di acqua, ghiaia e fango, come se nulla fosse avanziamo lentamente verso la sorgente molto dubbiosi ma, volenterosi di raggiungere la meta. A poca distanza dalla sorgente come per miracolo non piove più ma, il tempo ci mette del suo: non abbiamo nemmeno fatto in tempo a scendere dalle macchine che un acquazzone ci raggiunge. Troviamo riparo sotto la tettoia di una cascina e decidiamo di aspettare una mezz’oretta per vedere cosa succede. Giornata fortunata, le nuvole vengono spazzate via dal vento e il sole asciuga in un attimo il prato rendendolo percorribile per il fuoristrada anche con le gomme da strada. La visibilità al laghetto è peggiorata quasi sicuramente a causa del fango trascinato nel lago dalla pioggia. Ci cambiamo in tutta fretta vista l’ora tarda e poi considerato che la giornata è dedicata alle foto nella galleria, Lorenzo ed io scendiamo per primi. L’idea è di raggiungere la profondità di –75m dove riusciamo ad immortalare le numerose conchiglie che ricoprono il fondo e fortuna vuole incontriamo un verme lungo una ventina di centimetri e con un diametro di un paio di millimetri che in qualche maniera Lorenzo riesce a fotografare. Abbiamo tempo per scattare delle foto anche  alla morfologia della grotta che in questo punto è abbastanza interessante. Jean Jacques si immerge nel lago sulla destra per vedere se si raggiunge il fondo visto che gli schizzi esplorativi disegnano un pozzo verticale fino a –40m.  Jean Jacques dopo essere riemerso spiega di aver tirato 80m di filo e di essere arrivato a –55m praticamente sul fondo. La visibilità in questo pozzo è molto ridotta a causa dei depositi di argilla e verso il fondo ci sono diversi rami che rendono pericolosa la progressione. Comunque sia il passaggio diventa talmente piccolo da impedire il passaggio con il Voyager.

Il 29 luglio
Lorenzo e Alberto rientrano a casa, Jean Jacques accompagnato da Alan va alla sorgente per immergersi fino a –85m per portare una bombola da 20l di emergenza. Io rimango al campo per riorganizzare la disposizione dei particolari del mio circuito doppio, e fare un po’ di manutenzione su alcune attrezzature. Verso fine mattinata, dopo un’interminabile viaggio a causa del traffico, ci raggiungono Davide e Valeria. Nel primo pomeriggio ricevo una telefonata da Jean Jacques che mi dice che alla sorgente tutto è pronto e che ci incontriamo a Korana dove possiamo rinfrescarci nelle tiepide acque del fiume che nasce dai laghi di Plitvice.

Il 30 luglio
Prima immersione dedicata al tentativo di esplorazione della sorgente, decido di immergermi con il circuito doppio utilizzando come relè una bombola da 12l e una da 20l, per garantirmi una buona autonomia a profondità elevate in circuito aperto necessaria per gestire sul posto un eventuale problema sui circuiti chiusi. La partenza non è delle migliori, appena messa la testa sotto il livello dell’acqua mi accorgo che la valvola di scarico della muta non tiene la pressione, riemergo e ritorno al punto da cui sono entrato. Jean Jacques mi smonta la valvola e allunga la molla che serve per contrastare la pressione. Dopo qualche minuto tutto è di nuovo pronto e finalmente posso partire. La discesa fino a –30m è lenta, non sono ancora riuscito a trovare la giusta regolazione della valvola che immette automaticamente il diluente nel sistema e sono costretto ad intervenire manualmente, poi la grotta cambia morfologia da verticale diventa una discesa inclinata a circa 45°, sul fondo della galleria ci sono sassi, sabbia, reperti vari tipo bottiglie, pentole, scarpe,ecc. vederli scorrere al mio passaggio è un diversivo, la galleria misura circa 7-10m di larghezza e di altezza, la roccia si alterna a tratti molto scura a tratti chiara. Raggiungo i –85m vedo la bombola lasciata da Jean Jacques su un’isola rocciosa circondata da ghiaia fine. Poco dopo la galleria inizia a rimpicciolirsi, il soffitto si abbassa lasciando un passaggio di 1,5mt di altezza, mentre in larghezza la galleria mantiene le sue dimensioni, da qui le pareti, il soffitto e il fondo sono ricoperti da un importante strato di argilla. Raggiungo in 7’ il limite della mia vecchia esplorazione, a 203m di distanza e -119m di profondità, attacco il filo dello svolgisagola e inizio la progressione nella galleria vergine. Avanzo con cautela, anche se la galleria qui misura 7m di altezza, ed in alcuni punti non riesco a vedere la parete di sinistra, rimango sempre a circa 3-4m dal fondo che sembra essere di argilla pura, ogni tanto dei piccoli ammassi di roccia interrompono la regolarità del fondo. Nonostante stia utilizzando tre torce HID da 10W la mia luce non penetra molto in questa lattiginosa acqua. La galleria prosegue quasi orizzontale, dopo aver tirato 50m di filo decido di rientrare, uno sguardo al profondimetro, mi trovo a 130m e sono passati 17’ dalla mia partenza. Lascio lo svolgisagola pronto per una nuova esplorazione e inizio il rientro pinneggiando lentamente per non sollecitare le ginocchia, la visibilità si è notevolmente ridotta in maniera particolare nei pressi dei punti di ancoraggio dove inevitabilmente ho avuto un contatto con i depositi di argilla sulla parete al 20’ mi trovo a –105m dove mi fermo per un minuto. La decompressione procede bene, dopo 70’ sono a –21m, vedo arrivare come da accordi Davide con la batteria che serve ad alimentare il giubbetto elettrico, accessorio necessario perché indosso dei sottomuta leggeri in capilene e microfibra, scelta dettata dalla temperatura dell’acqua 17° e dalla volontà di preferire l’agilità dei movimenti. Inoltre porta con se la borraccia del thè e le cavigliere da un chilo che rendono più comode le soste di decompressione. Dopo 110’ sono a –9m quando vedo arrivare Alan con la seconda borraccia e la batteria di ricambio. Decido di alleggerirmi delle bombole di miscela di fondo, le consegno e dopo 140’ termino la decompressione. Per tutta l’immersione per alimentare i due circuiti ho consumato 50bar dalla bombola da 12l di diluente 8/70, e dalla bombola di ossigeno da 3l ho consumato 70bar.

Il 31 luglio
Tocca sempre a Jean Jacques preparare la strada per la mia immersione, questa volta scende a portare il maialino a –115m. Decido di portare il maialino così profondo perché non avrei nessun vantaggio ad utilizzarlo nel tratto di grotta iniziale, avendo considerato la pendenza della galleria che è troppo elevata per avere dei vantaggi nell’utilizzarlo. Jean Jacques ha modificato il suo nuovo aquazepp portando i comandi di accensione circa un metro più avanti della testa del maialino, adattandolo ad ambienti molto stretti come la sorgente di…………che sta esplorando. Il corpo dello speleosub con questa modifica è perfettamente in asse con il corpo del maialino riducendo così lo spessore utile. In questa sorgente non è necessaria questa modifica ma, sono molto curioso di provarlo. L’immersione di Jean Jacques dura 105’, riemerge soddisfatto di essere riuscito ad andare più veloce del solito in discesa raggiungendo in 11’ il punto prestabilito. Ancor prima di uscire dall’acqua mi dice che avrei potuto utilizzare il maialino a partire dai –90m perché configurato così  non avrebbe creato problemi, però al rientro ha dovuto rimanere attaccato al filo a causa della visibilità ridotta di alcuni tratti per colpa di qualche movimento brusco durante il suo passaggio. Davide nel mentre va a visitare il carretto, la grotta scatta qualche foto in acqua, poi porta Valeria a fare un giretto nei primi 10/15m del pozzo.

Il 1 agosto
Le previsioni non sono delle migliori, ma un po’ di acqua da queste parti non fa male considerata la siccità e la necessità di razionare l’acqua in tutta la zona di Rakovica compreso il nostro campo. Fortunatamente con “molto dispiacere siamo costretti” ad andare al fiume che ha una temperatura di 22/24° per lavarci. Il mio materiale è pronto da ieri, un ultimo controllo al flusso di alimentazione del circuito, una calibrazione dei sensori, una verifica delle pressioni delle bombole, un controllo all’impianto luci e poi via si parte. La solita oretta di macchina ed eccoci pronti a trasportare sul bordo dell’acqua la mia attrezzatura. Sebbene il sole spesso scompaia dietro le nuvole la temperatura rimane sempre elevata, decido quindi di immergermi nel laghetto formato dalla sorgente in costume per raffreddare il corpo e ritardare l’effetto si sudorazione durante la vestizione. Dopo una decina di minuti al fresco eccomi pronto ad indossare i leggeri sottomuta, il giubbetto elettrico, il preservativo, la muta e poi un nuovo tuffetto in acqua. Sono contento perché sono riuscito a non sudare, quindi i sotto muta sono perfettamente asciutti. Indossato il doppio circuito chiuso sul bordo della vasca, poi mi lascio cadere in acqua, mi vengono passate le bombole, il faro e gli ultimi accessori. Verifico il funzionamento del circuito di emergenza per una decina di minuti, poi passo sul circuito principale, lavo i polmoni per eliminare ogni traccia di azoto, immetto ossigeno puro, quando ho terminato tutte le verifiche mi avvio verso il centro del lago, sgonfio la muta e inizio la discesa. Dopo le ultime piccole modifiche mi sento sempre di più a mio agio con questo doppio circuito, continuo la discesa molto velocemente, al quinto minuto arrivo al maialino, lo sgancio dal filo di Arianna, lo infilo sotto le gambe e continuo in direzione del fondo. La sensazione di condurre il propulsore in questa posizione non mi dispiace anche se non posso vedere la galleria come sono abituato a fare. Raggiungo lo svolgisagola in brevissimo tempo, lo impugno mi allontano leggermente dalla parete e nuovamente con la pressione del pollice riprendo a sentire il rumore del motore. Primo punto di ancoraggio dopo una ventina di metri, devo ammettere che il propulsore rimane perfettamente tra le gambe e non mi crea nessun problema nelle soste, questo è dovuto anche al perfetto bilanciamento. Sono a –134m, la galleria riprende a scendere, con queste condizioni 3-4m di visibilità, in un ambiente tetro, pieno di argilla, non riesco a vedere la parete alla mia sinistra, stimo l’altezza della galleria di circa 4-5m, preferisco limitarmi e avanzare con la spinta delle pinne  lasciando così il maialino appeso al filo. Scelta azzeccata dal momento che la galleria continua a scendere con un’inclinazione di circa 45°, tento di essere molto delicato per non ritrovarmi senza visibilità al rientro, tengo sempre sotto controllo gli analizzatori considerata la velocità di cambiamento della quota e senza problemi riesco a mantenerli a 1.2 di pressione parziale di ossigeno respirato. Una vocina mi dice che per oggi è abbastanza, vedo un’asperità, mi fermo prendo il tronchesino, taglio il filo, eseguo un nodo ma il filo scivola via, lo rifaccio ma la roccia è liscia e fa in modo che il filo scivoli via per una seconda volta, la visibilità è di 50cm del resto la roccia era ricoperta di argilla, non voglio perdere altro tempo quindi appendo lo svolgisagola al mio imbraco, riposiziono il tronchesino sul braccio e con molta cautela inizio a risalire tenendo le pinne il più lontano possibile dal filo per evitare di impigliarmi. Dimenticavo uno sguardo al tempo trascorso, 18’ la profondità raggiunta –155m, ora non mi resta altro che raggiungere il maialino ed arrivare alla prima sosta deco. Il rientro non è tragico, a parte i punti dove ho legato il filo alla parete la visibilità non è cambiata, il rientro con il maialino è molto veloce e riposante. Dopo 23’ sono a –105m dove inizio la decompressione. Non mi resta altro da fare che risalire e aspettare che Davide venga a portarmi le solite cose. In cambio però questa volta avrò per lui un regalo: un maialino, due bombole da 20l, una bombola da 15l, una bombola da 12l e una bombola da 10l, lo svolgisagola e il faro. Mentre aspetto verifico sullo svolgisagola quanti metri di filo ho svolto: 117m che sommati ai 203m della parte già esplorata portano lo sviluppo totale della grotta a 320m.

Tutto procede come da programma, sono trascorsi 76’ quando incontro Davide a –21m ricevo il materiale necessario ad aumentare il confort in decompressione e gli lascio trovare appeso alla corda di fianco a me il pacco. Scrivo sulla lavagnetta i risultati dell’immersione e il tempo di decompressione residuo, poi mentre lui risale io mi gongolo il caldo thè. Dopo un’ora circa torna a farmi visita, altra borraccia e nuova batteria. Ormai manca qualche decina di minuti alla fine dell’immersione giusto il tempo di rivederlo arrivare a –6m con l’ultimo cambio merce, assaporare il caldo tepore del giubbetto dopo aver collegato la batteria nuova e poi dopo 209’ riemergo. Dalla grotta è stato recuperato tutto il materiale, è rimasto solo il filo da me steso, un ultimo sguardo al laghetto, carichiamo la macchina e aspettiamo un ora abbondante a causa del colle da superare prima di ritornare verso il campo.

Il 2 agosto
Giornatona di pioggia annunciata, calo brutale della temperatura, peggio di così non si può. Alan, Jean Jacques, Davide e Valeria sfidano le intemperie andando di nuovo alla sorgente per verificare se negli altri due laghetti non ci siano delle gallerie da esplorare.  Io rimango al campo a modificare i gas in alcune bombole, a ricaricare le piccole bombole di ossigeno con il booster e a caricare la mia attrezzatura sulla macchina. …………………

Il 3 agosto
Partiamo da Rakovica alle 7 del mattino in direzione Obulin………punto di incontro con gli amici croati. Il nostro obbiettivo è la sorgente Kusa, da noi esplorata la scorsa estate, inoltre abbiamo in programma di dedicare una giornata andare a fare un salto a vedere la sorgente di Krnjeza. Raggiunto il campo ci accorgiamo dell’imponente organizzazione messa a punto da Tiki, una trentina di tende posizionate in una zona vicina al fiume Zrmanja, gabinetti chimici, 2 cascine risistemate un mese fa dotate di contattore per la corrente, in una è stata installata la cucina mentre nell’altra una postazione con computer per vedere ed elaborare le immagini e le foto catturate durante le giornate e nel vicino paese di Obulin nell’unico hotel un punto di riferimento per la stampa. Purtroppo la maggior parte degli speleologi, una sessantina di persone circa sono già rientrate a casa o si sono spostate sul Velebit per partecipare alle varie spedizioni esplorative in quota. Comunque troviamo una ventina di persone, tra le quali dei biologi che si interessano molto al “verme” filmato da Davide nella sorgente di Sinjac.

Tihi ci mette subito a nostro agio, presentandoci i diversi responsabili dei settori, in maniera tale che sappiamo a chi rivolgerci in caso di un qualsiasi bisogno. Nel campo non manca la musica, di ottima qualità almeno per il mio gusto e come sempre succede nei campi speleo la sera dopo cena si beve, si discute e naturalmente si sognano nuove esplorazioni.

Il 4 agosto
Dopo un vero e proprio diluvio durato tutta la notte il mattino si presenta sereno. Di queste sorgenti si conosce poco dal punto di vista idrologico quindi nessuno dei presenti conosce i tempi di reazione delle sorgenti nel caso di piogge. Ci rechiamo alla sorgente per vedere le condizioni, non ci sembra vero il livello è addirittura più basso dello scorso anno. Tihi ci dice che in questa zona è da diverso tempo che non piove e secondo lui l’unico problema che potremmo avere è la scarsa visibilità. Dopo aver constatato che anche la visibilità sembra buona la schiera di forti portatori messaci a disposizione per trasportare le attrezzature al sifone viene utilizzata. Per la sicurezza del primo sifone posizioniamo due bombole da 7l una di miscela al 50% di ossigeno, una con una miscela 22/60. Superiamo il primo sifone in tre: Jean Jacques, Davide (soprannominato C6) ed io, trasportando tutto il materiale necessario per affrontare l’immersione nel secondo sifone: un maialino, un circuito chiuso laterale, due bombole da 12l, una da 10l e una da 7l, una corda e accessori vari necessari per eventuali urgenze. Jean Jacques è incaricato di posizionare le bombole di emergenza nel primo sifone di conseguenza parte per primo. Davide parte subito dopo di me. Io prendo praticamente tutto il resto del materiale tranne una bombola da 7l che trasporta Davide. La sorpresa non appena raggiunta la profondità di dieci metri non è delle migliori, la visibilità è di circa 2m e si mantiene così per tutto il sifone. Fatico molto a superare il sifone perché ho con me un sacco pieno di materiale che è decisamente negativo, fortunatamente tutte le bombole sono alleggerite dai galleggianti. Superato il sifone lungo poco più di 200m e profondo una cinquantina di metri, ritrovo Jean Jacques, discutiamo sulle condizioni e giungiamo ad una conclusione: se la visibilità è così scarsa non vale la pena di trasportare le attrezzature fino al secondo sifone. Chiedo a Davide se ha voglia di andare a vedere il secondo sifone senza trasportare le attrezzature e chiaramente considerato che non è mai stato qui mi dice di si. Jean Jacques invece rientra subito. Il secondo sifone non si presenta limpido come lo scorso anno, comunque penso che valga la pena di tentare una esplorazione cambiando un po’ i nostri piani.

Una volta rientrati al campo mi reco alla mia tenda per prendere il costume e il necessario per lavarmi nel fiume ma appena apro l’abside della tenda trovo un inaspettato inquilino: una vipera, la quale non appena mi sente, abbandona la corda sulla quale si era “comodamente” posizionata e se ne esce da un lato della tenda.

Il 5 agosto
La decisione è stata presa, il tentativo di esplorazione lo farò il 7 agosto, oggi andiamo a vedere l’ingresso della sorgente Krnjeza per renderci conto della situazione logistica per poter organizzare il prossimo anno un esplorazione. Una volta che Tiki si è organizzato con delle canoe e un furgone per trasportarle partiamo per raggiungere il fiume Krupa il nostro punto di imbarco. Krnjeza è infatti raggiungibile solo percorrendo circa 5km di fiume, facilmente navigabile tranne in un paio di punti, dove occorre sbarcare nel primo caso per scendere una cascatella e nel secondo caso per attraversare il prato che separa le acque di Krupa da quelle di Krnjeza. In effetti pochi metri più a valle le acque dei due corsi si uniscono in un punto impraticabile per le nostre canoe. La discesa sul fiume diventa una guerriglia tra i vari equipaggi, per raggiungere la meta per primi si tenta di ostacolare le altre canoe con ogni mezzo, gli amici ormai diventati avversari si colpiscono a vicenda con spruzzi d’acqua, speronate tra canoe, pagaiate, ecc. il tutto nel tentativo di ribaltarle.

Quando cambiamo fiume gli animi si calmano, le acque di Krupa sono piacevolmente calde circa 25 gradi ed invogliano i giochi, mentre quelle di Krnjeza sono decisamente più fredde dieci gradi circa, oltre a questo se consideriamo che,  per tutto il giorno ha soffiato un forte vento e che le nuvole hanno oscurato il sole in questa parte di giornata per gioco forza la pace torna a regnare.

Finito il percorso in canoa ci aspetta una passeggiata di quasi mezzo chilometro per raggiungere l’ingresso della grotta. Già scendendo il fiume l’ambiente è coinvolgente, calcare da ogni lato del fiume, ingressi di grotte asciutte, animali di tutti i tipi che vivono indisturbati lontano dall’uomo, il canyon che ci porta fino a krnjeza è tanto inaspettato quanto bello: pareti scoscese alte più di quattrocento metri, quasi impossibili da risalire a causa delle pietraie racchiudono questo tratto di fiume, accompagnati da qualche rondine avanziamo su di un terreno che a causa delle pietraie è più adatto a dei serpenti che a degli umani, ed in effetti Tiki mi dice di fare molta attenzione. Tutto ad un tratto ci appare sul lato sinistro del canyon un ingresso che misura almeno trenta metri di altezza per una decina di larghezza: gli occhi mi si illuminano, aumento il ritmo per raggiungere l’ingresso curioso di vedere da vicino cotanta cosa. Il livello della sorgente è più alto di almeno cinque metri rispetto al livello normale in questo periodo, sicuramente questa differenza è dovuta ai forti temporali di questi giorni. Alan mi parla delle sue immersioni esplorative nella sorgente e della bellezza delle sue numerose gallerie, non ci vuole molto a convincerci ad organizzare una spedizione di una decina di giorni a giugno del prossimo anno.

Il 6 agosto
Si ritorna a lavorare, Kusa ci aspetta, siamo in quattro a superare il sifone, Alan, Davide, Jean Jacques ed io. La visibilità nel primo sifone ormai è compromessa, speriamo non sia così nel secondo sifone. Una volta raggiunta la superficie all’interno della montagna ci togliamo le attrezzature ed iniziamo a trasportare le bombole, il mio circuito chiuso laterale e le attrezzature necessarie all’immersione: torce, pinne, svolgisagola, maschera, ecc. La galleria aerea viene percorsa velocemente ed il numero di quattro persone è ideale per suddividere i carichi da trasportare. Una volta raggiunto il secondo sifone tocca a me prepararmi per immergermi:  posiziono le attrezzature su di una cintura all’inglese non per necessità ma per comodità, avendo deciso di non utilizzare il circuito chiuso classico per la semplice motivazione di evitare un trasporto in più tra un sifone e l’altro considerato che non sappiamo se sarà possibile tentare l’esplorazione. Con me prendo due bombole di miscela iperossigenata che posizionerò a –40m e a –21m, altre due bombole che mi permettono di alimentare il circuito laterale e di garantirmi una sicurezza in caso di problemi al circuito e lo svolgisagola perché il filo nel tratto iniziale e non solo è sicuramente rotto. L’ingresso del sifone è largo un paio di metri ed alto poco più di un metro, con tutta l’attrezzatura e il filo da svolgere si tribula un pochino, ma alla fine raggiungo la parte larga della galleria ed inizio a scendere fino ai –21m dove lascio una bombola da 7l di miscela 50/20, continuo a stendere il filo fino ai –30m poi ecco il filo da me posizionato lo scorso anno, raggiungo i –40m, a questa profondità la galleria rimane orizzontale per un poco, avanzo fino a dove riprende a scendere a questo punto posiziono la bombola da 10l di 33-33.

Le pareti chiare della galleria permettono alla luce dei fari HID di illuminare bene fino a circa 7m, nulla da paragonare ai 20m dello scorso anno.

Una volta riemerso comunico al piccolo gruppetto che l’immersione esplorativa la tenteremo domani e quindi i due baldi giovani alzano le chiappe e di gran lena vanno a prendere il maialino che attende il da farsi alla fine del primo sifone per portarlo qui al secondo. Una volta risistemato il poco materiale nel sacco speleo, tranne le attrezzature essenziali lasciamo tutto al secondo sifone, il ritorno al primo sifone è veloce, siamo praticamente tutti scarichi. Ci prepariamo per l’immersione di rientro e poi uno dopo l’altro iniziamo l’immersione.

Riemergiamo dopo tre ore dalla nostra partenza, decisamente più veloci dello scorso anno quando eravamo solo Jean Jacques ed io.

Il 7 agosto
Di nuovo siamo in quattro, una volta superato il primo sifone non ci resta altro che trasportare il mio Voyager e le attrezzature essenziali fino al secondo sifone perché tutto il resto dei materiali si trova già lì. Prima di immergermi apro la muta e la tolgo per permettere al sudore di traspirare senza inumidire i sottomuta. Dopo una ventina di minuti sento quasi freddo, mi rivesto, infilo la muta, indosso l’attrezzatura, un saluto e parto.  Raggiunti i –45m di profondità il filo è rotto, mi fermo collego il mio svolgisagola e trainato dal maialino inizio a svolgerlo. Dopo una ventina di metri ecco di nuovo il vecchio filo, mi fermo, taglio mi riposiziono lo svolgisagola e di nuovo in marcia. La gioia dura poco, subito dopo aver superato il passaggio profondo a -55m, sono costretto di nuovo a ricollegare lo svolgisagola, questa volta per un tratto di una cinquantina di metri, il motivo per il quale non stendo completamente un nuovo filo è che non voglio lasciare troppi fili nella galleria perché con le prossime piene e le inevitabili rotture la progressione diventerebbe pericolosa. Eccomi al punto dove lo scorso anno avevo osservato sopra di me una galleria ma non avevo potuto risalire a causa della scelta dei gas sbagliata, ora ho con me due bombole da 12l contenenti una 15/65 e una 20/65 più un circuito chiuso di emergenza, quindi non mi resta altro da fare che posare il maialino e la bombola da 12 litri con la 15/65 ed iniziare la risalita nel pozzo. Non appena la galleria da verticale diventa fortemente inclinata mi accorgo della presenza di una quantità enorme di argilla sul fondo e sulle pareti e quando emetto in risalita le necessarie bolle la vedo cadere anche dal soffitto. Comunque rispetto le tappe deco e continuo la risalita, la galleria diventa quasi piana attorno alla profondità di –8m, avanzo e dopo una decina di metri mi trovo davanti un muro, sulla destra una piccola galleria larga un metro e alta due, mi infilo e subito dopo mi ritrovo in aria. La saletta misura 3m di lunghezza per 1,5m di larghezza e 3m di altezza, ma a parte una colata di calcite con stalattiti e una marmitta piena di pisoliti non c’è nulla di interessante da un punto di vista esplorativo.

Mi reinmergo, raggiungo i –7m, cerco nella saletta e trovo sul lato opposto dal quale provengo una galleria che prosegue, perché no mi dico e senza esitare mi ci infilo. Dopo 25m riemergo in aria e mi trovo in una galleria molto fangosa larga 6m e alta 4m, l’uscita con l’attrezzatura è abbastanza comoda ma camminare con i calzari di una muta sul fango non è molto sicuro quindi decido di rimandare l’esplorazione della zona aerea. Non mi resta altro che ritornare con visibilità vicina allo zero a –24m, alla base del pozzo, ed infilarmi nella galleria da  me percorsa per un tratto lo scorso anno. In questa piccola galleria il filo non è rimasto, sono costretto ad attaccarne uno nuovo per avanzare. Raggiungo dopo aver percorso il saliscendi di questa galleria il punto dove lo scorso anno mi ero fermato, inizio a risalire il pozzo che dai -20m mi porta a –10m, poi la galleria riprende orizzontale per un tratto ma ecco di nuovo un cambio di pendenza, riprende a salire fino a portarmi in superficie per la terza volta. Anche qui l’uscita dall’acqua è fattibile ma la progressione aerea si presenza verticale per almeno 4m e purtroppo le pareti sono ripiene di scivolosa argilla. Anche qui sono costretto a rimandare l’esplorazione ritornando con un’attrezzatura più adatta ai percorsi aerei.

Durante il rientro sbadatamente lascio entrare un elastico nell’elica del maialino, sono costretto a fermarmi, mi trovo ad una profondità di –45m e perdo circa dieci minuti per riuscire a sbloccare l’elica. Il rientro procede senza altri inconvenienti, riemergo dopo 100’  e naturalmente prima di spogliarmi dell’ultima parte delle attrezzature comunico il risultato, 150m di nuove gallerie e un potenziale esplorativo per il futuro.

Fortunatamente i due sempre più baldi giovani del gruppo scarrozzano quasi tutta l’attrezzatura al primo sifone con una sorprendente velocità, così mi ritrovo solo una bombola da trasportare fino al primo sifone. Di nuovo i sacchi con i materiali vanno preparati per attraversare il sifone, e poi come ormai d’abitudine uno dopo l’altro rientriamo.

Riemersione dopo solo 5ore dall’ingresso, in questo lasso di tempo mi sono immerso a –49m, a –55m, a –7m, a –24m a –55m e di nuovo a –49m, inoltre siamo usciti dalla grotta in perfetto orario con la prevista partenza di Davide e Valeria direzione mare e di Alan direzione famiglia.

Jean Jacques ed io la prendiamo comoda, caricheremo la macchina domani mattina e accenderemo i motori in direzione Albania.

Il 8 agosto
Sveglia alle 07,30 pronti per iniziare a rassettare le attrezzature, il vestiario, la tenda, oltre che a gustare la colazione. Il giorno dell’arrivederci è come sempre un po’ triste ma, questo desiderio di aver assaporato per poco tempo la compagnia a lungo termine non fa altro che rafforzare le amicizie e la voglia di ritornare. La natura quasi incontaminata di questi posti mi regala un’ultima straordinaria visione: un aquila passa con volo planante ad una trentina di metri sopra il campo, non curante dei pochi speleologi rimasti, resto affascinato nel vederla e ad un certo punto da un paio di colpi d’ala e si allontana continuando la sua regale planata fino a perdita d’occhio.

Finiamo con l’aiuto dei speleologi croati di caricare le macchine verso le11,30, quando ci accorgiamo che il furgone di Jean Jacques non riesce a uscire dal prato che essendo impregnato d’acqua ha fatto si che i pneumatici sprofondassero nel terreno, fortunatamente abbiamo corde e un altro veicolo e riusciamo senza troppa difficoltà a recuperare il mezzo. La direzione da noi intrapresa è il sud ma, ad un certo punto per uno strano gioco della viabilità la macchina viene indirizzata per qualche chilometro verso nord e posso ancora godere della suggestiva immagine della catena del Velebit semicoperta da minacciosi cumuli nembi.

Non mi stancherò mai di percorrere queste zone tanto bello è il paesaggio e anche se la velocità non potrà essere elevata, le numerose ore di viaggio che ci separano dalla meta, so già che le trascorrerò con l’entusiasmo della prima volta.

Arriviamo in Montenegro alle 22,30, questa volta per fortuna non abbiamo problemi a superare la frontiera, non appena iniziamo a percorrere le strade ci accorgiamo subito di essere entrati in uno stato nuovo ma, il primo paese da noi superato ci lascia a bocca aperta: una moltitudine di persone incamminate in direzione del mare, luogo dove probabilmente si sono sviluppati come in tutti i posti di mare i locali, ma questo non sarebbe nulla, quello che ci ha colpito è la quantità elevatissima di rappresentanti del gentil sesso rispetto all’esiguo numerosi rappresentanti del sesso meno gentil. Questa visione ci accompagna per i numerosi chilometri di costa da noi percorsi fino a quando verso le 11,30 ci separiamo per andare a dormire: Jean Jacques cerca una camera in albergo io un parcheggio possibilmente buio e lontano dalle strade. Alla fine riesco nel mio intento nel paese di………..punto di incontro per domani mattina con Jean Jacques.

Il 9 agosto
Alle otto del mattino ricevo un messaggio da Jean Jacques che dice di trovarsi alla spiaggia, lo raggiungo velocemente, mentre facciamo colazione mi dice di non essere riuscito a trovare una camera in nessuno dei cinque alberghi dove si è fermato e vista la tarda ora, le 00,30 ha deciso dormire sul furgone. Prima di ripartire una rinfrescante nuotata mattutina e poi via verso l’Albania. Raggiungiamo il confine alle 10,45, le pratiche doganali ci permettono di entrare in Albania alle 11,30. Questa volta alloggiamo in una casa nei pressi delle sorgenti, scarichiamo velocemente le macchine prepariamo le attrezzature per l’immersione ed andiamo a vedere i punti di immersione. Di fronte alla sorgente …………che si trova nel lago a pochi metri dalla riva è stato costruito un bar ristorante, addirittura dalla struttura che regge la pompa dell’acqua è possibile saltare direttamente nel pozzo di accesso della grotta. Ennio ci dice che Luca Vicenzi ieri si è immerso fino a –92m superando il limite esplorato da Jean Jacques due anni fa. Nella zona profonda la galleria si rimpicciolisce diventando circa di 3m per 3m, e finalmente permette alle torce degli speleosub di vedere qualcosa. Già perché nel tratto iniziale fino a –75m circa a causa delle dimensioni e della quantità di argilla presente non  si riesce a vedere molto.

Il 10 agosto
Tocca a Jean Jacques immergersi, la mattina è fortunatamente fresca, ha piovuto di notte ed il cielo è coperto.

Partecipanti: Alan Kovacevic, Alen Milosevic, Alberto Marconi, Davide Corengia, Jean Jacques Bolanz, Luigi Casati, Lorenzo Del Veneziano, Valeria Nava

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